Quando la legge è rispettata crea lungaggini ma anche soluzioni più sagge e più giuste
(Parte 1/3)
TORINO – Questo articolo (dei 3 che vi proporremo) nasce dall’apertura, mercoledì 13 novembre 2024 in Corte d’Assise d’Appello a Torino, del processo di secondo grado del filone casalese del cosiddetto «Eternit Bis» contro l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, per ben inquadrare l’intero argomento.
Un breve riassunto del caso. Il maxiprocesso Eternit 1 (dicembre 2009-giugno 2013) vide Stephan Schmidheiny ed il coimputato Louis Cartier (poi deceduto) accusati di disastro doloso causato dall’amianto impiegato nel ciclo produttivo dell’Eternit, nata 80 anni prima, e di cui per 10 anni (1976 – 1986) l’industriale era a capo.
Per il disastro, Schmidheiny fu condannato in primo e in secondo grado (18 anni inflitti in Appello), poi la Cassazione pronunciò la prescrizione ma senza assolvere l’imputato.
La procura della Repubblica di Torino però nel 2014 aveva nuovamente contestato a Stephan Schmidheiny il reato di omicidio doloso (cioè volontario) per aver causato centinaia di morti a Cavagnolo, Casale, Rubiera e Bagnoli. Il gup (giudice dell’udienza preliminare) Federica Bompieri in un primo tempo aveva considerato il principio affermato dalla difesa secondo il quale non si può giudicare due volte la stessa persona per i medesimi reati, ponendo il quesito alla Corte Costituzionale che a sua volta sentenziò che era l’imputato processabile per omicidio doloso perché nel primo maxiprocesso era accusato di disastro doloso.
In seguito questa risposta, per una questione tecnica di competenze, il fascicolo originario dell’Eternit Bis è stato scomposto in 4 filoni.
Uno è rimasto a Torino, per due vittime dell’amianto di Cavagnolo; un secondo è stato spostato a Reggio Emilia (morti dello stabilimento di Rubiera); un terzo è andato a Napoli (8 morti a Bagnoli) ed il quarto troncone processuale, il più importante, relativo alle vittime casalesi, è finito alla procura di Vercelli, nella cui circoscrizione giudiziaria ricade il territorio di Casale e del Monferrato.
Torino creò quindi il procedimento Eternit Bis, contestando come abbiamo detto non più il disastro doloso, ma il reato di omicidio volontario riferito ai singoli casi di morte per mesotelioma.
Il filone più importante, per 392 morti di Casale e dei paesi intorno, nacque in primis a Vercelli (per competenza territoriale); qui il giudice accusatore ribadì l’imputazione di omicidio doloso e rinviò a giudizio l’imprenditore davanti alla Corte d’Assise di Novara ove il dispositivo della sentenza del 7 giugno 2023 cambiò il reato da doloso in colposo, con l’aggravante – per certi casi – della colpa cosciente, che portò alla condanna di Schmidheiny a 12 anni per un certo numero di vittime, assolto per altre; prescritti altri casi.
Qui sotto, il link con il resoconto sulla sentenza.
https://www.silmos.it/schmidheiny-colpevole-inflitti-12-anni-per-plurimi-omicidi-colposi/
Il caso Stephan Schmidheiny approda in Corte d’Assise d’Appello di Torino il 25 luglio 2024; per questo giudizio di secondo grado la procura contesta gli omicidi dolosi dei 392 casalesi e monferrini uccisi dal cancro ai polmoni (mesotelioma) causato dall’amianto proveniente dallo stabilimento Eternit. L’imprenditore svizzero Schmidheiny è l’ultimo responsabile di Eternit in vita. Il processo d’appello Eternit Bis è iniziato mercoledì 13 novembre, nella maxiaula 1 del Palazzo di Giustizia di Torino, fissando sei udienze entro Natale. Stephan Schmidheiny, imprenditore svizzero (oggi 77 anni), ultimo responsabile dell’Eternit (l’azienda che, per decenni, produsse, in Italia e nel mondo, manufatti di amianto, principalmente tetti e tubi per conduttore, camini, coperture in genere e manufatti minori), è accusato di omicidio doloso per centinaia di morti e per la diffusione incontrollata di fibre d’amianto, che ha provocato quei mesoteliomi.
I suoi avvocati, in questa sede, lo difendono principalmente su tre basi: 1) non è possibile che quest’uomo sia un mascalzone, un incosciente omicida, volontario, è solo un uomo del suo tempo (anni 1976-1986) e di quel mondo industriale con meno attenzioni per la sicurezza e la prevenzione; 2) il sapere scientifico di allora non permetteva di sapere che “a qualunque soglia, pur minima” non si elimina il rischio di ammalarsi di mesotelioma, lo si è saputo solo negli anni ’90; 3) l’imprenditore era sicuro di poter utilizzare l’amianto in modo controllato.
La sentenza per questo processo è attesa per febbraio 2025.
Riassumendo, per concludere, i procedimenti penali “Eternit bis” tutt’ora aperti sono i seguenti: filone di Bagnoli, in attesa di eventuale processo in Cassazione; filone di Cavagnolo, iniziato il 23 ottobre il nuovo processo in Corte d’Appello a Torino ha condannato – nel dicembre 2024 – per un morto sul lavoro, Stephan Schmidheiny ad un anno ed 8 mesi ma è a rischio prescrizione; filone di Rubiera dell’Emilia, archiviato; filone di Casale Monferrato, iniziato il 13 novembre il processo in Corte d’Assise d’Appello a Torino.
Le informazioni circa questo articolo sono tratte da vari siti web e soprattutto dalla “Cronistoria a cura di: acli.it – agesci.it – arci.it – azionecattolica.it – legambiente.it – libera.it”.
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La foto della bandiera è un’elaborazione dell’autore tratta dal sito web
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