Truffa ai danni dell’Inps, resta a Milano il procedimento in cui è indagata Daniela Santanchè

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Resta a Milano il procedimento in cui la ministra del turismo Daniela Santanchè e altre due persone sono accusate di truffa ai danni dell’Inps in un filone dell’inchiesta su Visibilia. Lo ha deciso nella tarda serata di ieri la Cassazione, come anticipato dal Corriere della Sera e da La Stampa.  La Suprema Corte ha rigettato la questione di competenza territoriale in favore di Roma sollevata dalla difesa. L’udienza preliminare riprende il prossimo 26 marzo davanti al gup milanese.

Il procuratore generale della Cassazione ieri, durante l’udienza, aveva concluso ritenendo che il procedimento dovesse restare a Milano.   A sollevare la questione della competenza territoriale era stato il difensore della ministra,  Nicolò Pelanda, ritenendo che Roma sia il luogo non solo dove si trova il  server dell’Inps, ma soprattutto dove è stato effettuato il primo pagamento a uno dei dipendenti Visibilia relativo alla cassa integrazione, ossia su un conto bancario  romano.   

Non così per la Procura milanese, per il pg e per il legale dell’Inps Aldo Tagliente, poiché la presunta truffa  contestata sarebbe avvenuta con una condotta “continuata” su tutti i dipendenti e con  l’ultimo pagamento su un conto a Milano di un altro dipendente.  Quindi la competenza si radicherebbe nel capoluogo lombardo.   La gup Tiziana Gueli, in sede di udienza preliminare lo scorso 23 ottobre, anche in base alla riforma Cartabia,  aveva trasmesso  gli atti alla Suprema Corte per dirimere la questione. Secondo l’ipotesi dei pm Marina Gravina e Luigi Luzi, che  hanno coordinato l’indagine assieme all’ex aggiunto e ora procuratrice a Lodi, Laura Pedio, la parlamentare, il compagno Dimitri Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia  Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato  dalla ministra e dal quale è uscita nel 2022 – , sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli  effetti” della pandemia Covid per 13 dipendenti per oltre126mila euro.  A Santanchè, così come agli altri due, viene imputato dai pm di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, mentre invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.