Il Primo ministro albanese è intervenuto oggi alla conferenza internazionale sulla riforma del sistema previdenziale, ricordando un aneddoto di dieci anni fa con i partners internazionali, ai quali propose un orizzonte riformatore serio e di medio periodo come fattore di crescita della base imponibile dell’economia reale e come alternativa alle soluzioni austere più immediate che erano invece caldeggiate dagli osservatori esteri
“Nella giornata odierna siamo qui riuniti per discutere e dibattere fra autorità, esperti internazionali e consulenti prestigiosi con cui abbiamo il privilegio di definire gli assetti prossimi futuri del sistema pensionistico, proseguendo un percorso iniziato dieci anni fa e proiettato al 2030, quando l’Albania sarà, come penso, un Paese pienamente aderente alla UE. È stato un percorso relativamente lungo e reso accidentato dal non favorevole andamento demografico generale, ma da cui abbiamo imparato molto – ha esordito Rama – Oggi siamo un Paese diverso, abbiamo un prodotto interno lordo pari a due volte e mezzo quello di 10 anni fa, con esportazioni quadruplicate. Questo ci posiziona ormai fra le Nazioni a medio reddito, il che rende più selettivi gli aiuti esteri a cui abbiamo diritto, mentre siamo nello stesso tempo chiamati a rispondere alle aspettative crescenti di benessere delle persone, le quali non vogliono più limitarsi a stare meno peggio degli altri”.
Rama ha ricordato che la Banca Mondiale chiese al suo primo Governo, proprio una decina di anni fa, di ridurre le pensioni e di aumentare le tariffe energetiche. La risposta fu un deciso “No” a ogni ipotesi di misure austere di breve periodo: “Eravamo un Paese che aveva un debito di 1,2 miliardi di euro solo con la società di distribuzione dell’energia, perché metà non pagava e l’altra metà doveva pagare per tutti. Solo i debiti per i contratti di costruzione delle infrastrutture superava i 400 milioni di euro. La nostra risposta fu che non avremmo aumentato il prezzo dell’energia, ma in alternativa saremmo arrivati a stabilire un sistema volto a garantire che tutti pagassero le bollette, risanando un sistema al collasso senza penalizzare economicamente i contribuenti”.
Lo stesso approccio è stato e verrà utilizzato per le pensioni, presenti e future: “Non accettiamo passivamente le raccomandazioni della Banca mondiale, tuttavia essa rappresenta una preziosa fonte di dati che mettono in paragone le esperienze di più Paesi nello stesso ambito, in questo caso previdenziale, il che ci permette di evitare di aderire a formule astratte che avrebbero effetti pesanti sui cittadini. Non vogliamo aggiustare un progetto che non funziona, vogliamo provare un cammino nuovo che dia forza a un progetto che qui da noi viceversa sta funzionando grazie all’ultimo decennio di riforme. Bisogna non ritrovarsi nella condizione di dover scegliere fra dolore a breve termine e dolore a lungo termine, perché coloro che ci hanno preceduto hanno preferito adottare provvedimenti con la promessa illusoria che non avrebbero mai avuto effetti dolorosi. Così, negli anni Novanta, furono mandate in pensione persone di età compresa fra i 40 e i 45 anni che erano rimaste disoccupate a seguito del divieto comunista dell’epoca sulla produzione industriale. Un fatto che non ha avuto eguali nel resto della regione balcanica, e per il quale non possono essere introdotti in Albania schemi astratti che andrebbero a colpire i pensionati di domani e i contribuenti di oggi”.
Per questo, “abbiamo deciso che il problema previdenziale verrà affrontato facendo crescere l’economia e aumentando ulteriormente il coinvolgimento dei pensionati più disagiati nella distribuzione dei frutti del maggior reddito nazionale e nelle capacità di alimentazione del fondo statale di previdenza sociale tramite la lotta alla informalità che amplierà la base imponibile. Le raccomandazioni odierne ci sosterranno nella definizione del secondo pilastro della riforma, che renderà strutturali i benefici per le categorie reddituali più meritevoli”.



