Caccia agli spioni!

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Roma, 30 ott. (askanews) - L’Italia è quindicesima in Europa per potenzialità nell’intelligenza artificiale, di poco sopra la media dei Paesi Ue ma ancora indietro sulle competenze, in particolar modo quelle relative all’analisi e all’utilizzo dei big data. A guidare la classifica elaborata dall’Istituto per la Competitività (I-Com) è il Belgio seguito da Olanda, Malta e Danimarca. La Germania ha ottenuto lo stesso punteggio dell’Italia – 88 punti su 100 – mentre la Francia è quint’ultima con soli 73 punti, ben al di sotto della media europea (85 punti). E’ questo il quadro che emerge dal rapporto dell’Istituto per la Competitività dal titolo “Italy of Things. Per cittadini e imprese connessi al futuro” presentato oggi a Roma nel corso di un evento al quale hanno partecipato oltre trenta relatori tra accademici, esperti, rappresentanti delle istituzioni e del mondo delle imprese. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con Eolo, Eutelsat, Hewlett Packard Enterprise, Open Fiber, Ray Way, Tim e Vodafone. Dal rapporto – curato dal presidente dell’istituto, l’economistaStefano da Empoli e dal direttore dell’area digitale Silvia Compagnucci – emerge anche una fotografia approfondita in merito all’intelligenza artificiale in Italia. E’ previsto che il mercato crescerà a un tasso medio annuo del 65% nel periodo2017-2022 fino a raggiungere i 300 milioni di euro nel 2022 da un valore di partenza di 24 milioni nel 2017. Più del 70% delle realtàche si occupano di intelligenza artificiale nel nostro Paese sono aziende o startup, seguite da università (11%) e centri di ricerca (10%). La maggior parte si trova in Lombardia (21%), Lazio (18%), Emilia Romagna (12%) e Campania (9%). Le tecnologie IA maggiormente diffuse nelle varie realtà presenti in Italia sono il machine learning e il deep learning, seguiti da sistemi di elaborazione del linguaggio naturale e chatbot. “L'intelligenza artificiale è una delle tecnologie più promettenti dei nostri tempi che contribuirà a risolvere alcuni dei più grandi problemi del secolo: dal trattamento delle malattie croniche alla lotta ai cambiamenti climatici fino all'anticipazione delle minacce cyber”, ha affermato da Empoli, che ha poi sottolineato l’importanza di varare al più presto una definita strategia nazionale in materia: “È difficile immaginare che l’Italia possa diventare un Paese leader nella produzione di hardware o software legati all’intelligenza artificiale, anche se in alcuni ambiti, specie B2B, è doveroso cimentarsi nella sfida internazionale. Quel che è certo è che, se il nostro Paese vuole rimanere sulla frontiera dello sviluppo economico e sociale, deve diventare quantomeno un leader nell’adozione delle tecnologie IA”. In questa prospettiva da Empoli ha anche sottolineato l’importanza dell’iniziativa assunta dal ministero dello Sviluppo economico che recentemente ha pubblicato un bando con l’intento di istituire un gruppo 30 esperti – tra cui rappresentanti di imprese, associazioni di categoria, organismi e centri di ricerca, think tank, organizzazioni sindacali e associazioni dei consumatori – sul tema dell’intelligenza artificiale per arrivare a predisporre la strategia nazionale in materia. Il rapporto dell’Istituto per la Competitività si concentra, inoltre, sul settore delle tlc e del digitale. Secondo l’I-Com Broadband Index – l’indice elaborato dall’istituto per fotografare il diverso livello di sviluppo della banda ultra larga nei mercati nazionali europei delle telecomunicazioni, fisse e mobili – l’Italia è ventiquattresima nel Vecchio Continente. A guidare la classifica Ue è la Svezia, seguita da Lussemburgo, Danimarca, Olanda e Lettonia. L’Italia è il Paese che nell’ultimo triennio ha fattoregistrare la crescita maggiore – in totale 9 punti – grazie soprattutto a sensibili incrementi nella diffusione delle infrastrutture, ma ciò non gli ha consentito di salire neppure un gradino della classifica europea, soprattutto per via di una domanda che non cresce a sufficienza. In questo senso devono dunque concentrarsi gli sforzi di governo e parlamento per fare in modo che utenti e imprese siano sempre più digitali. “Occorrono politiche di stimolo della domanda”, ha concluso da Empoli. (Fonte: Cyber Affairs)

Palermo. Napoli. E ora sul caso Paragon si muove anche la procura di Roma. Dopo la denuncia del sindacato dei giornalisti finita sul tavolo del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, a piazzale Clodio è stato aperto un fascicolo per fare chiarezza sulle intercettazioni abusive. E alla polizia postale sono stati affidati accertamenti per risalire a chi, da almeno un anno, ha utilizzato il software di produzione israeliana per spiare giornalisti e attivisti.

La faccenda ha i contorni di una spy story internazionale. I servizi segreti italiani assicurano: «Non siamo stati noi». E Palazzo Chigi scende in campo per avvalorare la posizione dell’intelligence. Stessa versione è stata fornita dalle forze di polizia. Tutte. Nessuna esclusa. E il Guardasigilli Carlo Nordio ha eliminato anche un ipotetico ruolo delle procure. Ma allora chi è stato? E perché?

Tra le ipotesi al vaglio dei magistrati italiani che indagano sulla vicenda c’è anche il possibile ruolo di un’agenzia esterna. Privata. Una sorta di contractor. Perché è vero che Paragon Solutions, la ditta israeliana che produce lo spyware Graphite, vende solo ai governi. Ma è altrettanto vero che l’utilizzo improprio di strumenti destinati alle forze di polizia da parte di agenzie private non sarebbe una novità.

C’è poi la legge italiana che vieta alle procure di utilizzare i dati raccolti da un server fuori dal territorio nazionale. Insomma: secondo fonti ben informate, qualcuno potrebbe aver commissionato il dossieraggio ad un’agenzia esterna. Così da ottenere i dati richiesti eludendo i rigidi vincoli previsti per legge. I contractor, va da sè, non hanno bisogno di garantire l’affidabilità della legalità.

C’è poi la questione del contratto. A inizio febbraio, WhatsApp annuncia che lo spyware di Paragon è stato utilizzato per spiare 90 utenti europei, tra cui sette italiani. La notizia fa il giro del mondo. Il Guardian scrive che Paragon Solutions ha stracciato il contratto con l’Italia. Violazioni contrattuali, si vocifera. E gli addetti ai lavori si interrogano: «Violazione contrattuale sui target o su chi è abilitato ad utilizzarlo? ». Netta la smentita pubblica del governo.

Irene Famà