Italia, Europa e il peso delle alleanze: quale futuro ci attende?

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L’Europa sta affrontando un momento cruciale. Il recente Consiglio europeo straordinario non era un semplice punto di situazione, ma un passo deciso verso qualcosa di fondamentale: costruire una difesa comune

Non solo necessaria, ma urgente, perché il pericolo non è teorico — è reale. La guerra in Ucraina lo dimostra.

In questo quadro, l’Italia si trova in una posizione complessa, quasi marginalizzata nello scenario europeo. Perché? Le ragioni affondano nella politica estera recente: la simpatia manifestata per Trump e il rapporto speciale con Elon Musk hanno raffreddato i rapporti con le istituzioni europee. È una linea che pesa.

Trump, infatti, punta a una strategia diretta con la Russia, scavalcando l’Europa, e Musk — con la sua crescente influenza tecnologica e comunicativa — non è visto come un ponte verso l’UE, ma come un simbolo di un’America che vuole dialogare senza intermediari.

La conseguenza è evidente: Giorgia Meloni sta adottando una strategia silenziosa e prudente. Nessuna presa di posizione netta, nessun passo avanti visibile. Una scelta comprensibile sul piano tattico, ma rischiosa sul lungo periodo. Perché?

Perché il destino dell’Italia è legato all’Europa. Non possiamo illuderci di giocare su più tavoli, oscillando tra la fedeltà all’UE e i flirt con leader e imprenditori americani. Una difesa comune europea, credibile ed efficace, non è solo una questione militare: è politica. Significa costruire un’Europa che non sia solo un gigante economico, ma anche un soggetto politico forte, capace di prendere decisioni indipendenti.

Restare ai margini, arroccandosi in una posizione ambigua, vuol dire rischiare di declassare l’Italia sullo scacchiere europeo. Non possiamo permettercelo.

La storia ci insegna che le alleanze rafforzano, ma le ambiguità isolano. Serve una chiara scelta di campo: più Europa, più integrazione politica e militare. Solo così il nostro Paese potrà contare davvero.

Vogliamo un’Italia che partecipa, decide, influenza. Non una che osserva in silenzio.

CAV. GIUSEPPE PRETE