Ormai ne parlano tutti ed è diventato virale il video che ci invita a preparare una «borsa della resilienza» che contenga 10 cose per poter sopravvivere 72 ore.
Non so se lo avete visto con i vostri occhi, ma io ho fatto fatica a credere che questo video fosse vero.
Ecco, io sono rimasta scioccata dalla faccia sorridente e spensierata di Hadja Lahbib, la commissaria europea per la Gestione delle crisi, che mostra il contenuto della sua «borsetta» come se si stesse preparando per andare a fare una scampagnata nei boschi. E poi illustra, neanche fosse una televendita, gli accessori indispensabili che contiene. Con tanto di risatine pre registrate in sottofondo. «Una bottiglia d’acqua è vita», recita. «Ed ecco il mio amico speciale: il c. svizzero con 18 funzioni, non puoi non averlo».
Sono rimasta scioccata dal livello di superficialità con cui si è minimizzato uno scenario futuro da brividi. Sono rimasta scioccata dal tono di questo video, il tono di una maestra che si rivolge a dei bambini di prima elementare. Sono rimasta scioccata dal fatto che qualcuno abbia potuto scriverlo e qualcun altro abbia pensato di realizzarlo!
Vi ho parlato di continuo del potere delle parole. Dell’importanza delle parole. Di come le parole non siano mai soltanto parole ma strumenti di potere.
Vi ho parlato di continuo di quella cosa che si chiama «manipolazione» verbale, e di quell’altra cosa che si chiama «prendere le parole, storpiarle, deformarle» per farne ciò che si vuole.
Perché dare a questa schifezza il nome di «borsa della resilienza» significa far passare il messaggio che affrontare una catastrofe umanitaria o un attacco imminente sia qualcosa di «positivo», una prova da affrontare, una sfida da superare. E più vedevo questa signora ridere, più a me veniva da piangere!



