“Oggi a scuola un attivista Lgbt ha spiegato come cambiare sesso – Giulio, 13 anni” / “Oggi a scuola ci hanno letto una favola in cui la principessa era un uomo – Anna, 8 anni” / “La mia scuola ha permesso anche ai maschi di usare i bagni delle femmine – Matilde, 16 anni”.
Sono questi i messaggi, accompagnati dai volti di bambini e adolescenti con uno zaino scolastico sulle spalle, che campeggiano sui manifesti della nuova campagna nazionale di affissioni lanciata lo scorso 7 aprile da Pro Vita & Famiglia onlus per chiedere una legge che impedisca lo svolgimento di qualsiasi progetto sulla fluidità di genere in aula, il consenso informato preventivo dei genitori su ogni attività sensibile, la possibilità per le famiglie di poter esonerare i propri figli dai corsi gender è infine lo Stop agli attivisti LGBTQ+ nelle scuole.
Si tratta di oltre 50 affissioni in tutta Roma – e che nelle prossime settimane toccheranno le altre principali città italiane – ma che hanno in pochissime ore scatenato un polverone mediatico oltre che una vera e propria reazione violenta e censoria, quasi da dittatura, da parte tanto del Comune di Roma Capitale quanto dal mondo Lgbt. Vi spieghiamo perché sono tutte accuse infondate e perché i nostri manifesti sono tutt’altro che illegali.
La censura di Roma Capitale
Non sono durati neanche 24 ore, infatti, i nostri manifesti, che subito è arrivata la richiesta di rimozione da parte dell’amministrazione di Roma Capitale, tra l’altro con motivazioni assurde, false e ideologiche, volte solo a screditare e gettare fango sulla buona fede del messaggio delle affissioni. Il Comune, infatti, ha chiesto alle ditte concessionarie di rimuoverli in tutta la città poiché “segnati da stereotipi nella rappresentazione della comunità Lgbtqai+, rappresentata come minaccia e dannosa per lo sviluppo dei bambini e dell’infanzia”.
La Campagna di affissioni infatti, sarebbe – secondo l’amministrazione – offensiva “delle declinazioni di identità sessuale diverse da quella tradizionale” e contraria «alle politiche di genere portate avanti da Roma Capitale”. E’ palese che siano tutti patetici pretesti per giustificare l’ennesima e vergognosa censura a opera di uno squadrismo Lgbt ormai istituzionalizzato, in piena violazione del diritto costituzionale alla libertà di espressione contro cui ovviamente Pro Vita & Famiglia farà ricorso in Tribunale, come ha già annunciato Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione.
Non si deve infatti dimenticare che l’ideologizzazione di Roma, a chiare tinte arcobaleno, è ormai cosa nota e radicati da anni, fin da quando l’attuale amministrazione guidata dal sindaco Roberto Gualtieri a creato un apposito Ufficio per i diritti Lgbtiqia+ e ci ha messo a capo Marilena Grassadonia, già in passato presidente di “Famiglie Arcobaleno”.
Gli atti vandalici
Come se non bastasse la già vergognosa censura del Comune, sempre nel giro di meno di 24 ore su molti dei manifesti di Pro Vita & Famiglia si è abbattuta l’altra mannaia a cui l’associazione è ormai – ahinoi – abituata da anni, ovvero quella della violenza vandalica. Le affissioni, infatti, sono state danneggiate e strappate da parte di ignoti. Il solito modus operandi che agisce su due binari, quello istituzionale e quello “da strada”, ma che converge nell’unico obiettivo di chi la pensa diversamente: quello di tappare la bocca e non far circolare la libera manifestazione del pensiero altrui, in barba al dettato Costituzionale.



