Le tre scomode considerazioni sulla “pace giusta” in Ucraina

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La prima vittima della guerra è la verità» è aforisma attribuito a Eschilo. Vera o no l’attribuzione, certamente, al messaggero che annunciava ai Persiani la disfatta di Salamina, il tragediografo mette in bocca parole quanto mai attuali in questo disgraziatissimo conflitto ucraino: «E così, ingannati da false speranze, siamo andati incontro alla rovina». Se in questi oltre 3 anni di guerra la vittima è stata la verità, vuol dire che ha trionfato la bugia? La cosa non è consequenziale, però forse potremmo sostenere che sta trionfando l’ipocrisia. L’ipocrisia di chiunque – nessuno escluso – invochi la pace

Se ci si pensa bene, le dinamiche dei conflitti tra Stati non sono molto diverse da quelle dei conflitti tra singoli uomini. Chi si sente leso comincia col comunicare le proprie rimostranze alla controparte; quando questa lo ignora, si rivolge al giudice, e quando anche questi archivia il caso, è elevato il rischio della giustizia fai-da-te: «chi sfugge alla giustizia nei tribunali deve attendersi di trovarla nelle strade» è un altro noto aforisma. Ecco: credo sia così che scoppino anche le guerre tra gli Stati. E quella d’Ucraina mi sembra un caso paradigmatico.
E la pace? È qui che entra in ballo l’ipocrisia. Innanzitutto della classe dominante in Eu, a cominciare da Ursula von der Leyen.

Prima, la pace la vogliono “giusta”; parola che può significare tutto e niente, comunque quanto basta per giustificare la mancata stipula di pace. Poi, tengono un muso lungo così, quando gli Usa decidono, con saggezza, di sfilarsi dal conflitto. Poi, si “rallegrano” (questa virgolettata è la parola usata) del recente invio di un milione di munizioni d’artiglieria e rinnovano nuove sanzioni contro quelli coi quali vorrebbero rappacificarsi. Infine, non appena si propone di organizzare un incontro di pace qua, sbraitano che lo vogliono invece là. A Roma? Non sia mai, a Ginevra. O a Vattelappesca.

A proposito di Roma: ho letto che il Vaticano sarebbe disponibile ad ospitare solo i massimi livelli tra i contendenti (cioè Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin). Se così è, temo che anche la mediazione nella Santa Sede sia destinata a sfumare. Mi auguro di sbagliarmi, ma non farei affidamento sul fatto che Putin si risolva di andare in Vaticano per discutere i termini della pace. Né capisco perché ci sarebbero le condizioni per pretendere la cosa.

Se, come detto sopra, la dinamica dei conflitti tra Stati è, ingigantita, la stessa dei conflitti tra gli individui, credo che nessuno di noi, fosse Putin, si muoverebbe da Mosca. Sicuramente non per semplicemente negoziare i termini della pace. Quando questi saranno definiti, forse si muoverà per apporre la firma al documento già concordato. Ma più probabilmente non lo farà neanche per questo. A proposito di mediazione, qualcuno ha sussurrato il nome di Giorgia Meloni

. Essa ha, sì, dimostrato di essere formidabile mediatrice, e conviene tenercela cara; ma, nel caso specifico ha le gambe tagliate, un po’ perché se l’è tagliate da sola, visto che in questi tre anni ha fatto una scelta di campo – legittima, per carità, ma che non la favorisce come mediatrice; ma, prima che da sola, le gambe gliele ha tagliate Sergio Mattarella, che dal giorno in cui Donald Trump, diventato presidente, dichiarava di voler perseguire il cessate il fuoco, il nostro Presidente non s’è fatto sfuggire alcuna occasione per gettare benzina su quel fuoco.

Franco Battaglia