Dopo un 2024 in cui le nostre imprese , soprattutto le small business hanno fatto ricorso a finanziamenti garantiti soprattutto per esigenze di liquidità (43%), pagare i lavoratori e i fornitori (33%), nel 2025 le aziende hanno cominciato a programmare e pianificare il futuro e a richiedere finanziamenti con importi più corposi per investire di nuovo sul core business della propria attività.
Investimenti necessari a sostenere la propria strategia di business e farsi trovare più preparati ad affrontare i disagi economici determinati dalla crisi geopolitica.
il 2025 si presenta quindi come un anno di stabilizzazione in cui le PMI cercano di rimettersi in piedi e focalizzarsi su nuovi progetti aziendali. I numeri parlano chiaro. Nel corso del 2024 erano poche le PMI che richiedevano finanziamenti sopra i 150.000 euro, mentre quest’ anno oltre il 40% delle richieste supera questa soglia. Cambia anche lo ‘scopo’ della richiesta: in calo la motivazione ‘difficoltà/imprevisto’ mentre aumenta quella riferibile ad ‘investimenti/progetti’.
Infatti nel 2025 le domande di finanziamento che prevedono la causale ‘liquidità’ sono scese al 30%; calano invece al 25% le richieste per pagamento fornitori. Tra i motivi che inducono le nostre Aziende a chiedere un prestito ci sono quelli legati allo sviluppo come le nuove assunzioni (23%),l’acquisto di nuovi impianti/macchinari (21%), la realizzazione di una piattaforma e-commerce (15%).
Quali sono i canali di finanziamento preferiti dalle aziende italiane? Quasi la metà delle aziende ‘small business’ fa ricorso allo strumento del fido o del portafoglio commerciale (italia/estero); le aziende più strutturate, invece, in buona parte preferiscono ricorrere a finanziamenti a medio-lungo termine con garanzia di Medio Credito Centrale (MCC). In parte invece utilizzano capitali propri.
Ci sono anche Aziende che non hanno alcuna necessità di finanziamento , soprattutto le società di capitali ed anche quelle con fatturati minori. Analizzando le domande dei richiedenti, spicca il settore dell’industria (18%) seguito dal commercio (11%), servizi (8%) ed edilizia (6%).
Le aziende a conduzione femminile sembrano più orientate a far ricorso a finanziamenti a media lunga scadenza soprattutto per per formare e assumere dipendenti (25% delle richieste).
E’ una fotografia che ci racconta di un’Italia che non vuole piegarsi alla crisi economica in atto, ma che rialza la testa e comincia a programmare un futuro fatto di investimenti per ripartire e tornare a crescere, anche se in un tessuto macroeconomico incerto come quello attuale.
I nostri imprenditori hanno cioè capito che per affrontare i momenti di crisi è necessario investire in tecnologia, capitale umano magazzino per farsi trovare pronti quando si attraversano periodi incerti come quello appena trascorso e, purtroppo, come quello in corso.
Un cambio culturale fondamentale che va rinforzato e ininterrottamente sostenuto perché le PMI sono l’ossatura della nostra economia.

Francesco MEGNA


