La coalizione di governo giapponese guidata dal premier Shigeru Ishiba ha perso il controllo anche della Camera alta: il voto di domenica ha infatti premiato le opposizioni creando una situazione inedita nel Giappone del dopoguerra.
Non era infatti mai successo che un esecutivo perdesse la maggioranza in entrambe le Camere – e a differenza di quella dei Rappresentanti, il Senato o Camera dei Consiglieri non può essere sciolta nei sei anni di legislatura, ma rinnova metà dei sui membri ogni tre anni.
In palio domenica erano quindi 174 seggi di medio termine oltre a uno rimasto vacante nella circoscrizione di Tokyo: per mantenere la maggioranza Ishiba avrebbe dovuto ottenere almeno 50 seggi ma si è fermato a 47; in totale la coalizione formata dal partito Liberaldemocratico (Pld) e il buddista Komeito ne ha 122 (-19) contro i 126 dell’opposizione (+27).
Tra le file di quest’ultima la forza principale, il Partito Democratico Costituzionale, ha mantenuto i suoi 22 seggi ma altre formazioni hanno aumentato il numero dei loro rappresentanti: il Pdp da 4 a 14 seggi e l’ultradestra del Sanseito da uno a 14.
La situazione per Ishiba si fa dunque delicata: la coalizione può ora disporre di 220 deputati sui 465 della Camera Bassa, e di 122 su 248 al Senato: un’aritmetica parlamentare che fatalmente condizionerà la governabilità del Paese.
Per i prossimi tre anni il premier dovrà contare su maggioranze variabili e alleanze sui singoli provvedimenti, e difficilmente potrà intraprendere delle politiche di ampio respiro in un contesto internazionale sempre più complicato e aggravato dalla crisi dei dazi, arrivata proprio in concomitanza del voto.


