Se succedono certe immani tragedie, è proprio perché è venuta meno una coscienza collettiva, un insieme di valori e punti fermi che ci unisce. Tutti. Nessuno escluso. Una coscienza collettiva che va al di là delle identità, delle appartenenze politiche, del proprio tornaconto o dell’odio verso chissà chi. Una coscienza collettiva che davanti a certe tragedie reagisce rigettandole a prescindere. Senza esitazioni, senza partigianeria, senza ipocrisie. E questo perché nessuno e per nessuna ragione al mondo deve venire ammazzato per i deliri ideologici altrui e siamo tutti titolari di diritti umani universali ed inviolabili. La storia ci ha insegnato quanto siano pericolose certe derive e per prevenire certi orrori ci siamo dotati di istituzioni e di regole internazionali. Un assetto al servizio della nostra coscienza collettiva ed espressione della nostra civiltà. Ed invece eccoci qui. Davanti all’ennesimo genocidio, coi governi occidentali che fino a ieri si spacciavano come i paladini della democrazia e dei diritti umani ed oggi sono addirittura complici. Morali, politici, militari, mediatici, economici. Le classi dirigenti che avrebbero la responsabilità di rappresentare la nostra coscienza collettiva, l’hanno ignorata e tradita sporcandosi le mani di sangue e calpestando la comunità internazionale di cui fino a ieri erano paladini.
In molti hanno probabilmente scommesso che anche questa volta avrebbe prevalso lo story telling sionista e avrebbe vinto il banco occidentale, ma l’orrore a Gaza ha raggiunto un livello tale da risvegliare popoli interi imbesuiti di materialismo, dando vita ad un epocale sussulto di coscienza che sta costringendo pezzi di classi dirigenti a frettolosi dietrofront e aggiustamenti di rotta.
Chi per tardiva convinzione, chi per convenienza tattica, chi perché ha capito che non rischia più, chi perché alla fine le pecore seguono il gregge. E siamo solo all’inizio. Man mano che si avvicineranno le prossime elezioni nei vari paesi e man mano che emergerà la verità sull’immane tragedia a Gaza, ne vedremo delle belle. Non si troverà più un complice nemmeno a pagarlo. Con politicanti, giornalisti e personalità assortite che giureranno di essere stati sempre schierati contro il genocidio, di avere fatto tutto il possibile per contrastarlo e molti non esiteranno addirittura a sposare la causa palestinese. Quella del popolo più infangato e perseguitato della storia moderna. La cui unica vera colpa è quella di opporsi all’aggressione coloniale a matrice occidentale e quella di non essersi mai rassegnato all’ingiustizia e all’oppressione.
Come se i palestinesi avessero preservato nonostante tutto una coscienza collettiva che li spinge ancora a credere e lottare per la libertà. Davvero un bell’esempio per tutti. La lobby sionista pensava che controllando politica e media mainstream occidentali se la sarebbe cavata anche questa volta. Ed invece a Gaza hanno forzato la mano al punto che il mondo intero si è ribellato dal disgusto. Una deriva dovuta a decenni di impunità che ha portato il sionismo a strafare. E una svolta favorita dalle nuove tecnologie che hanno aperto nuovi spazi di libertà d’informazione e dal fatto che la credibilità della politica e della stampa tradizionali sono ai minimi storici in tutto l’occidente a furia di svendersi alle migliori lobby offerenti. Ma quando prima o poi si arriverà ad un processo di Norimberga, le classi dirigenti gireranno con la kefiah palestinese pur di riuscire a riciclarsi e non si troverà un sionista neanche a pagarlo.
Non dobbiamo permetterlo, chi ha responsabilità politiche e mediatiche deve avere lo spessore anche umano per capire quando ci si trova di fronte a tragedie che vanno ben oltre l’ordinario circo politico e rigettarle senza esitazioni e ambiguità. E questo perché siamo tutti titolari di diritti umani universali ed inviolabili. E questo in nome di una coscienza collettiva che ci unisce. Tutti. Nessuno escluso.
Tommaso Merlo


