A giugno, il Comitato sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite ha avviato un’indagine chiedendo alla Francia di fornire informazioni sulla proposta di legge sul diritto al suicidio assistito che potrebbe violare il dovere dello Stato di rispettare, proteggere e garantire il diritto alla vita delle persone con disabilità.
Infatti secono l’Onu, la proposta francese dà al disabile che soffre il diritto all’aiuto al suicidio, mentre un normodotato che soffre non lo ha. Mancano inoltre “alternative all’aiuto al suicidio”, e la creazione di un nuovo reato di “ostacolo al suicidio assistito” è alquanto preoccupante, come è sconcertante il periodo minimo obbligatorio di riflessione di soli due giorni prima che l’eutanasia o il “suicidio” possano essere eseguiti.
Inoltre, la proposta di legge francese conferisce il diritto di chiedere il suicidio a persone incapaci di agire: esse hanno bisogno di un tutore per tutelare i propri interessi (per esempio per fare un contratto) e invece hanno la capacità di esprimere il desiderio di morire?
In questi giorni la Commissione renderà nota la risposta della Francia e le sue considerazioni in proposito.
A noi, però viene un atroce timore: un’obiezione come quella del Comitato sul fatto che ai disabili sia concessa l’eutanasia e ai normodotati no potrebbe essere un assist al “partito della morte” che, invece di eliminare la norma ingiusta e discriminatoria, potrebbe chiedere – in nome del principio di uguaglianza – di estendere il diritto di morire anche ai normodotati.
Del resto è grazie a questo passaggio logico che le maglie delle leggi che “regolamentano” vengono allargate e i paletti imposti qui e là vengono sistematicamente abbattuti.
Faccia anche il Parlamento italiano tesoro di certe esperienze…



