Respirare aria inquinata ogni giorno non fa male solo ai polmoni. Secondo una nuova revisione scientifica su scala mondiale, anche il cervello ne risente. Gli studiosi hanno scoperto che bastano dodici mesi di esposizione costante a certi inquinanti atmosferici per aumentare sensibilmente il rischio di demenza. Il dato che colpisce di più? Il rischio può salire fino al 17% in base al livello di esposizione.
A essere coinvolti nello studio sono stati oltre 29 milioni di individui in Europa, Nord America, Asia e Australia. Gli scienziati hanno analizzato 51 studi diversi, confrontando i livelli di inquinamento dell’aria con l’incidenza di demenza clinicamente diagnosticata. La correlazione è netta, e i responsabili sono ben noti: polveri sottili (PM2.5), biossido di azoto (NO2) e fuliggine.
Il particolato fine PM2.5 è il più pericoloso
PM2.5 è una sigla che indica particelle microscopiche sospese nell’aria, con un diametro inferiore a 2,5 micron, cioè decine di volte più sottili di un capello umano. Proprio per questa dimensione, possono essere inalate e penetrare in profondità nei polmoni, fino a raggiungere il flusso sanguigno e, secondo studi recenti, anche il cervello.
I PM2.5 provengono da varie fonti: scarichi dei veicoli, combustione di legna, impianti industriali, centrali elettriche e perfino cottura dei cibi. Lo studio ha evidenziato che ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo (μg/m³) di PM2.5 è associato a un incremento del 17% del rischio di demenza.



