Il caffè al bar? Devo deluderla: io non so quanto costi, perché non mi lasciano pagare mai. Proprio mai eh, non c’è verso. Gli amici, i baristi, niente. Però mi sono informato, ho chiesto ai miei collaboratori, perché la questione è seria, mica uno scherzo. Per noi figli del Sud il caffè al bar è vita, esistenza, una filosofia, un rito, come diceva Luciano De Crescenzo di cui siamo tutti eredi, lui, a dire la verità ci aggiungeva anche la sigaretta, quando ancora si fumava».
Clemente Mastella, secondo mandato da primo cittadino di Benevento, 78 anni, attivissimo, infaticabile, affilata memoria della Dc che fu, beve un caffè, ça va sans dire, nel suo gabinetto di sindaco, tra gli affreschi, gli specchi e le cornici dorate di Palazzo Mosti.
Clemente Mastella
Vista da qui «l’emergenza tazzulella» che secondo diverse statistiche avrebbe eletto Benevento — ottantatreesimo posto per qualità della vita, reddito pro capite tra i più bassi del Paese — capitale del caffè più caro d’Italia, appare davvero bizzarra, incongruente, come gli scrosci di pioggia che lavano le pietre antiche mentre il sole resiste tra le nuvole.
«Mi dicono che quel prezzo, un euro e cinquanta a tazzina qui a Benevento non lo chieda nessuno. Sarebbe assurdo per il tenore di vita delle persone. Mi risulta anzi che il costo medio sia di un euro e venti centesimi, addirittura un euro. Io non ho un potere di controllo su quanto applicano i bar, due anni fa quando ci furono dei rialzi incontrollati noi dal Comune chiedemmo a “Mister prezzi”, l’organismo del governo, di vigilare. Non ci hanno mai risposto, capito come funziona?», sottolinea ironico Mastella. «Comunque se c’è qualche bar che prova a far pagare la tazzina oltre misura, il mio consiglio è: non andateci e fatelo sapere in giro».



