L’Espressionismo è la libertà e la violenza del colore – spiega il critico d’arte italiano Paolo Battaglia La Terra Borgese: Espressionismo vuol dire innanzitutto una tendenza «eterna» che riappare periodicamente attraverso i secoli
Nel motivo dell’imperfezione fisica o morale, in contrapposizione all’ideale classico, la luce trova libertà di colore nell’Espressionismo: è un dato della storia dell’arte – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese -, che tanto riflette il sentimento palingenico del bene in generale, o l’evolversi da regole che possono essere superate.
È l’amore puro dell’arte stessa che, in effetti, disegna affetti ed emozioni oltre ogni schema, è, anche e dunque, l’amore insito in uno sguardo, che tutto supera, che crea un Noi nel silenzio cosmico dell’arte figurativa.
LEGGI OTTICHE E COMPOSIZIONI DEL COLORE
Il nuovo linguaggio espressionistico: il colore è usato come mezzo per esprimere uno stato d’animo, a volte di gioia, più spesso di angoscia, di noia o di solitudine. Dipingere dal vero, guardare cioè la natura e ritrarla, cogliendo l’impressione del momento come aveva insegnato Monet, non bastava più. Non si poteva più continuare a ripetere motivi che avrebbero messo la pittura a livello della fotografia – ammonisce Paolo Battaglia La Terra Borgese.
MAGGIORE INTENSITÀ
Per acuire il senso di esasperazione, si ricorrerà agli scorci e si preferiranno le linee diagonali: si tratta di un nuovo taglio del quadro che non riflette più l’ordinato sistema verticale e orizzontale, le diagonali contribuiscono a rendere più intensa l’espressione dell’opera squarciando il dipinto.
PICASSO
In occasione della mostra di Picasso nel 1953, i muri di Milano furono inondati dai manifesti che riproducevano il suo famosissimo Guernica. Nessuno se l’è più dimenticato.
Vi era raffigurato lo strazio della gente di un villaggio spagnolo, bombardato durante la guerra civile: mani levate, bocche urlanti, lingue come coltelli.
Ebbene, Guernica è forse l’opera più espressionista di sempre, nella quale l’artista ha accentuato al massimo il contenuto di angoscia, valendosi sapientemente della deformazione.
CHE COSA SIGNIFICA ESPRESSIONISTA?
Che cosa significa espressionista? Espressionismo vuol dire innanzi tutto una tendenza “eterna” che riappare periodicamente attraverso i secoli, in contrapposizione all’ideale classico della compostezza e della perfezione formale.
I bassorilievi romanici come la pittura gotica, le sculture del Bernini come le statuette africane e polinesiane, benché possano apparire esteticamente “spiacevoli” all’occhio dello spettatore, risultano dotati di una forte carica espressiva.
Con il termine di Espressionismo – afferma il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese -, tuttavia, si è voluta definire una corrente artistica sorta come “protesta” all’Impressionismo e dilagata dal nord dell’Europa in tutti gli altri Paesi.
IL DRAMMA ESPRESSIONISTA DI OGGI
Valida ancora oggi, questa corrente – secondo Battaglia La Terra Borgese -, ha addirittura il compito di salvare l’arte di domani, dopo l’impasse dei movimenti non figurativi. La nuova tendenza artistica si intravede già alla fine del secolo precedente a quello scorso. L’Impressionismo aveva raffigurato un mondo felice: le dolcezze del vivere, l’eleganza delle donne e degli ambienti, le bellezze della natura. Ma era una felicità reale? Gli artisti cominciano ora a scoprire e a ritrarre altri aspetti della vita. Sotto la felicità si rivela il dramma. La natura non è solo idillio, ma fatica. Non esistono solo le signore con il parasole, ma uomini che vestono la tuta, le donne che lavorano i campi, la gente al margine della società.
Toulouse-Lautrec, infatti, raffigura le ballerine del cancan al Moulin Rouge, i mimi e i clowns del Cirque Medrano (Il Cirque Medrano tenne la sua ultima esibizione il 7 gennaio 1963), le donnine allegre, i bevitori di assenzio di quel demi-monde parigino che gli appare molto più reale, ed umano, del mondo aristocratico dal quale proviene.
Gauguin si rifugia in Bretagna, una terra ancora ricca di leggende e di religiosità popolare, per trovare una sua verità più umana, poi va alla ricerca di uno stato di natura ancora intatto nelle “isole felici”, a Tahiti e alle Marchesi.
Van Gogh insorge contro la società del suo tempo opponendole i suoi “diseredati”, i minatori, i contadini delle Fiandre dal volto scavato, dalla figura incurvata dalla fatica.
Più su, nel nord, James Ensor trasforma con feroce ironia la folla di Bruxelles in maschere ghignanti, e, al posto dei borghesi di Oslo che passeggiano sul corso Edvard Munch dipinge larve sbiancate e allucinanti.
LA LIBERTÀ E LA VIOLENZA DEL COLORE
Questi non sono che i pionieri anticipatori di una sensibilità che divenne poi comune, alla vigilia della prima guerra mondiale. Nei primi anni del Novecento, l’Espressionismo assume le forme di movimenti artistici veri e propri. Dal 1905 al 1907, in Francia si affermarono i Fauves. Dal 1905 in avanti, a Dresda, ecco il gruppo della Brucke (il Ponte); dal 1911 allo scoppio della guerra, a Monaco, quello del Blaue Reiter (il Cavaliere Azzurro).
Pur nella diversità dei temperamenti e degli stili, questi artisti ebbero però in comune la libertà e la violenza del colore, usato come mezzo per esprimere stati d’animo, anziché riprodurre fedelmente la natura. Nate da una rivolta contro i colori spirituali dell’Ottocento – conclude Paolo Battaglia La Terra Borgese -, le loro opere ebbero soprattutto un contenuto drammatico, ossessivo, pieno di presagi o di amara ironia.


