“Ponte, ecco i costi occulti”. Battaglia in Corte dei conti

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Il conto alla rovescia è partito mercoledì con la firma di Giorgia Meloni. Palazzo Chigi ha inviato alla Corte dei Conti la delibera del Comitato interministeriale per i grandi progetti infrastrutturali (Cipess) che il 6 agosto ha approvato il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina.

I magistrati contabili hanno 30 giorni per valutarla. Senza intoppi, il testo andrà in Gazzetta Ufficiale, facendo poi rinascere il contratto tra la Stretto di Messina e il consorzio costruttore Eurolink, capitanato dal colosso delle costruzioni Webuild. E così, “tra settembre e ottobre si partirà coi cantieri, con gli operai, gli scavi e gli espropri”, ha avvisato Matteo Salvini. Per questo ieri le associazioni ambientaliste hanno inviato alla Corte una lunga memoria per contestare tutta la procedura: 60 pagine in cui Wwf, Legambiente, Lipu e Greenpeace bocciano il progetto e chiedono di bloccare l’iter.

Premessa. I magistrati contabili possono rinviare il testo al Cipess chiedendo ulteriori approfondimenti. Se questi non dovessero bastare, l’atto può passare alla sezione di controllo che si esprime sulla sua legittimità entro 30 giorni. La faccenda è complessa, tanto più che, come risulta al Fatto, le valutazioni definitive del ministero dell’Economia sulle coperture finanziarie della maxi opera sarebbero arrivate solo la settimana scorsa, cioè dopo l’approvazione del Cipess sbandierata il 6 agosto, segno che qualche intoppo c’è stato.

Secondo le associazioni, il progetto non sta in piedi, presenta enormi costi occulti mentre i benefici sono sovrastimati. La memoria contesta l’iter speciale messo in piedi, via decreto, a marzo 2023, che ha fatto rinascere l’opera fermata nel 2012 dal governo Monti ed evitato una nuova gara nonostante i costi siano lievitati da 3,4 a 13,5 miliardi. L’approvazione della delibera sarebbe arrivata senza gli elementi essenziali che dimostrino l’effettiva realizzabilità dell’opera e quindi, a cascata, dei costi reali. Le associazioni ricordano la mancanza di prove di fatica sui cavi portanti e degli approfondimenti sismici necessari, peraltro chiesti dalla stessa Commissione di Valutazione di impatto ambientale. Tutto è stato rinviato al progetto esecutivo ma – sempre via decreto – Salvini ha permesso di poter procedere per “fasi esecutive” e quindi partire con i cantieri senza sapere se il ponte si può fare, così come l’impatto economico di eventuali modifiche progettuali imposte dai risultati dei test. Discorso simile, per le associazioni, riguarda le prescrizioni chieste dalla Commissione Via, diverse delle quali (studi sismici, approvvigionamento idrico etc.) richiedono monitoraggi e studi che possono durare fino a un anno, con inevitabile impatto, anche qui, sui costi.

Secondo la memoria, poi, non tornano nemmeno i costi gestionali. I pedaggi ipotizzati (10 euro per auto, ma la Stretto di Messina spera possano scendere a 4) difficilmente coprirebbero le spese correnti e, considerato l’ammortamento, dovrebbero schizzare del 1000% per portare i conti in pareggio.

Anche i costi di manutenzione (70 milioni l’anno) appaiono sottostimati, visto che si avvicinano a quelli del Golden Gate di San Francisco, che però ha una campata molto più piccola. Tradotto: oltre al costo di costruzione, il ponte si tradurrà in una tassa annuale a carico dello Stato, che dovrà trasferire fondi in conto capitale per la gestione dell’opera (come avviene per il ponte americano).

Secondo le associazioni, è sovrastimato anche l’impatto economico sbandierato dal governo, che si spinge fino a sostenere che l’opera migliorerebbe l’offerta sanitaria siciliana. Tutto inserito nell’Iropi, il documento inviato alla Commissione Ue che illustra i “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” che giustificano l’impatto ambientale documentato dalla Commissione Via. Lo stesso in cui il governo classifica l’opera necessaria ai fini “strategico militari”. “Sul ponte, il governo sta compiendo un azzardo incredibile, lampante a tutti, per primo al ministro Salvini – spiega Gaetano Benedetto del Wwf – Si vogliono impegnare 13,5 miliardi dello Stato, con relative penali, destinate ad aumentare, senza analisi complete che risolvano gli enormi dubbi dei tecnici e sulla base di numeri che non stanno in piedi. Il governo si fermi”.