Il miracolo di Nicholas, ucciso a 7 anni da un proiettile sulla Salerno-Reggio Calabria: in Italia è record di donazione degli organi

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Intervista a Reg Green, padre del piccolo americano che l’1 ottobre 1994 fu colpito mentre viaggiava in macchina con i genitori

Trentuno anni fa i medici del Policlinico dell’Università di Messina dichiararono Nicholas Green cerebralmente morto.

È nota la triste vicenda del bambino americano morto in Italia, colpito da un proiettile mentre viaggiava in macchina con la sua famiglia sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

A costare la vita al piccolo Nicholas, di soli 7 anni, fu un tragico errore: la famiglia Green, in vacanza da San Francisco nel nostro Paese, venne scambiata per quella di un gioielliere durante un tentativo di rapina. La loro auto venne così affiancata da un’altra macchina, dalla quale partì una scarica di colpi di pistola. Uno colpì Nicholas, che morirà settantadue ore dopo in ospedale.

Ma la storia del piccolo bambino americano ha anche un ‘dopo’, riassumibile nel titolo di un articolo scritto ieri dal suo papà, Reg, in occasione dell’anniversario della morte del figlio: ‘Sì, c’è vita dopo la morte’. Il signor Green, oggi 96enne, è da allora che porta avanti con caparbietà e allo stesso tempo delicatezza la sua battaglia a favore della donazione degli organi.

IL RECORD

Da quando, appunto 31 anni fa, decise insieme alla moglie Maggie di donare quelli di Nicholas. Un gesto immenso, di straordinario altruismo, che da quel lontano 1994 è diventato esempio e ispirazione nel nostro Paese. Oggi l’Italia vanta infatti un anno da record, il 2024, per le donazioni e i trapianti, con un totale di 4.692 trapianti effettuati e un tasso di donazione di 30,2 donatori per milione di abitanti, il più alto mai registrato nel Paese.

Questo risultato la posiziona come secondo Paese europeo per tasso di donazione, dietro solo alla Spagna, confermando un trend di crescita costante negli ultimi anni. E per questo dobbiamo anche ringraziare la famiglia di Maggie e Reg Green. Reginald Green, come sempre accade in occasione dell’anniversario della morte del figlio, anche stavolta ha scritto per lanciare messaggi di speranza oltre che per ripercorrere quella terribile giornata.

Ecco allora la sua lettera, intitolata ‘Sì, c’è vita dopo la morte’, che l’agenzia Dire – con cui è in contatto – riporta integralmente: “Per i profani come me, la pratica medica può essere magica: un dolore rende la vita infelice, un medico lo cura, il dolore si attenua. Ma la medicina moderna ha anche un tocco di miracolo. Pensate ai trapianti di organi, in cui parti del corpo di qualcuno che è morto vengono inserite in persone morenti e in media ne escono tre o quattro persone sane. Per quanto spesso ciò venga fatto – e oggigiorno è un evento quotidiano negli ospedali di tutto il mondo – rimane un miracolo della medicina. L’ho visto con i miei occhi”.

L’ORRORE

Una “splendida notte in Italia”, prosegue Reg, sull’autostrada “da Napoli alla Sicilia, un’auto ci ha sorpassato – una famiglia di quattro persone dalla California in vacanza – ma invece di procedere, ci è rimasta accanto e ho pensato tra me e me: ‘C’è qualcosa che non va’. Poi, nella notte, sono arrivate urla selvagge e agghiaccianti che ci intimavano di accostare. Obbedire avrebbe messo noi – mia moglie Maggie e i nostri figli, Nicholas di sette anni ed Eleanor di quattro – alla loro mercé, quindi ho accelerato.

Accelerarono anche loro e le due auto sfrecciarono fianco a fianco lungo l’autostrada. Risuonarono degli spari, i finestrini si disintegrarono. Maggie, sul sedile anteriore, si voltò per accertarsi che i bambini fossero al sicuro. Entrambi sembravano dormire serenamente nei loro seggiolini”.

Ormai, però, l’auto della famiglia Green si stava allontanando “e l’altra macchina si stava gradualmente dileguando nella notte. Ho continuato a correre alla ricerca di un posto con persone, luci, un po’ di movimento e, pochi chilometri dopo, ho visto che c’era stato un incidente con la polizia già sul posto. Mi sono fermato ed Eleanor si è svegliata immediatamente. Ma Nicholas non si è mosso e, inorridito, ho visto che aveva la lingua fuori e una traccia di vomito sul mento”.

Due giorni dopo, il primo ottobre 1994, i medici del Policlinico dell’Università di Messina “ci dissero che Nicholas era cerebralmente morto. Siamo rimasti seduti lì in silenzio, tenendoci per mano. Ricordo di aver cercato di afferrare il pensiero che non avrei mai più sentito questo ragazzo gentile, desideroso di imparare e pieno di allegria, dire ‘Buonanotte, papà’. Poi Maggie, sempre pensierosa, disse a bassa voce: “Ora che se n’è andato, non dovremmo donare gli organi?- ricorda papà Reg- e per la prima volta vidi nell’oscurità che qualcosa di valore poteva essere estratto dalle macerie”.

Quel qualcosa si rivelò “infinitamente più prezioso di quanto avremmo mai potuto immaginare. Non solo i suoi organi e le sue cornee andarono a sette persone, quattro delle quali adolescenti, ma l’esplosione di compassione – e la consapevolezza del potere del trapianto che ne derivò – fu mondiale e non fu mai dimenticata”.

GLI EFFETTI

Solo in Italia il tasso di donazioni di organi triplicò infatti nei successivi dieci anni e in tutto il mondo le donazioni di organi sono aumentate notevolmente, con la storia di Nicholas che ha rappresentato un fattore determinante ovunque.

“Meglio ancora, quella forza continua inarrestabile, e mi chiedo: nella storia della medicina ci sono stati altri pazienti, trent’anni dopo la loro morte, che continuavano a influenzare anno dopo anno le decisioni di vita o di morte di migliaia di famiglie in lutto?”.

Prosegue la lettera di Reg Green: “Ora ho 96 anni, ma non è passato giorno da quando Nicholas è stato ucciso senza che facessimo qualcosa per ricordare alle famiglie che affrontano la morte improvvisa di una persona cara che non devono chiudersi in sé stesse nell’amarezza o nella disperazione, ma possono invece salvare più famiglie che non hanno nessun altro a cui rivolgersi”.

Tra i tanti altri progetti, sottolinea ancora nell’articolo, “abbiamo fatto parte del team che ha realizzato il film per la televisione ‘Nicholas’ Gfit’, con Jamie Lee Curtis, visto da oltre 70 milioni di persone in tutto il mondo; abbiamo scritto due libri che sono diventati dei classici nel loro campo; abbiamo scritto decine di articoli per i giornali e le riviste più influenti al mondo; siamo apparsi su alcuni dei canali televisivi più influenti dal Venezuela alla Siberia, abbiamo parlato a favore della donazione di organi in cattedrali, sinagoghe e chiese di campagna, catturato l’attenzione dei bambini delle scuole elementari e dei pazienti negli hospice e così via”.

Entrambi i riceventi della cornea sono “ancora vivi, così come tre dei cinque riceventi degli organi, tutti in fin di vita trentuno anni fa”. Ma c’è ancora un altro “tassello alchemico” da aggiungere: “La storia di Nicholas e delle famiglie distrutte di ogni razza, credo e stile di vita, che hanno messo da parte il loro dolore finché non hanno salvato persone che non hanno mai incontrato e che non possono nemmeno immaginare, hanno trasformato un atto di violenza spregevole in un simbolo di speranza per un mondo migliore. E questa potrebbe essere la cosa più miracolosa di tutte”, conclude Reg.

fonte: Agenzia DIRE www.dire.it