Recidivi. Le classi dirigenti europee persistono nei loro sbagli, negano la realtà e non cambiano strategia. La Francia è divenuta il malato di Europa. Noti giornalisti con lunghe esperienze di corrispondenti da Bruxelles lo affermano spavaldi. Naturalmente non si chiedono come mai e si guardano bene dall’indagare le ragioni della caduta verticale della Francia.
I falsi europeisti tornano sul luogo del delitto per chiedere più integrazione e più austerità. L’Europa di Maastricht ha portato gli Stati europei a un debito maggiore, alla mancanza di crescita e a disuguaglianze sociali che non esistevano negli anni precedenti l’ordoliberismo inaugurato dalla Thatcher e da Reagan. Politici e giornalisti, sempre i soliti che da vent’anni ci insegnano come rafforzare la crescita e la modernità, di fronte ai risultati catastrofici a cui la ricetta europea ha portato, si rifugiano nel loro mondo di pura fantasia e tornano a predicare l’adesione ai parametri di Maastricht, di cui nessuno ha mai compreso il fondamento scientifico.
La negazione della realtà, ripetere sempre lo stesso esperimento come in una trappola per topi, è un disturbo mentale. Nessuno sembra rendersi conto che il modello tedesco, basato sulle esportazioni e sulla compressione della domanda interna, ha portato l’economia della seconda potenza europea, la Francia, alla stagnazione e a un debito insostenibile. L’imposizione di una moneta unica a economie divergenti, che non permette di utilizzare il cambio e necessita di costanti aggiustamenti interni, ha causato l’impoverimento delle classi lavoratrici.
Il debito è calcolato in rapporto al Pil. Essendo un rapporto, diminuisce quando il Pil cresce. Concetto semplice. Eppure le classi dirigenti e i loro cani da guardia persistono negli stessi errori.
I nostri ex corrispondenti da Bruxelles ci spiegano sui giornali mainstream che Macron non è amato in Patria, ma resta il punto di riferimento geopolitico nella difesa dei valori europei. Intendono riferirsi all’appoggio dato dall’ondivago presidente francese alla guerra alla Russia. Vi ricordate quando durante le bibliche trasmissioni di La7 anche gli analisti più equilibrati affermavano che il regime change in Russia era probabile? Bene, tre anni di dolorosa guerra, di sangue e distruzione in Ucraina (e non in Russia) non hanno portato alla caduta di Putin anzi, questo ha aumentato i consensi, ha un’economia ancora forte e non è isolato, ma amico di due terzi del mondo. La guerra è persa, ma la maggioranza Ursula, sostenuta da un fronte che va dalla Meloni fino al Pd nega ancora una volta la realtà e raddoppia la retorica bellicista, procedendo a un programma di riarmo di 800 miliardi che smantella lo Stato sociale.


