Il dato diffuso in questi giorni dall’Osservatorio Unioncamere sulle crisi d’impresa, in aumento nel primo semestre 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno prima del 29%, chiude un po’ il cerchio dei fallimenti di questo governo sul fronte attività produttive
Il calo della produzione industriale, in flessione per 31 degli ultimi 34 mesi, abbinato a costi energetici da capogiro, al flop di Transizione 5.0 (oltretutto senza più risorse da venerdì scorso) e a una domanda interna sempre più “moscia” a causa dei salari al palo, ci racconta tutto il vuoto spaventoso accumulato dal paese in questo triennio in tema di politica industriale.
I numeri di Unioncamere sono solo l’ultimo dei disastri “made in Urso”: un trend preoccupante, quello dei procedimenti fallimentari, che colpisce settori specifici come commercio e edilizia ma più in generale imprese di piccolissime dimensioni.
Quelle pmi che sono il cuore pulsante dell’Italia produttiva, e che restano tagliate nettamente fuori dalle poche risorse messe in manovra dal governo per le imprese col ritorno agli iperammortamenti.
Quando Meloni parla di solidità del sistema produttivo anche in tempi difficili, ha ragione: le nostre imprese resistono nonostante il suo governo, anti-impresa come nessun altro prima.


