Le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto, rivolte a Matteo Salvini, segnano un punto politico importante: “Non si giudica un Paese per due corrotti”
È una frase che richiama un principio di equilibrio e di responsabilità che dovrebbe guidare ogni leader europeo in una fase storica tanto fragile quanto decisiva.
L’errore di Salvini non è solo tattico. È strategico.
Nelle sue dichiarazioni – secondo cui gli aiuti a Kiev alimenterebbero la corruzione – si coglie una visione della politica estera priva di profondità, prigioniera della logica del consenso immediato e distante dalla complessità della scena internazionale.
La guerra non si valuta con il metro della propaganda interna
L’Italia non può permettersi il lusso di leggere la guerra attraverso categorie domestiche o elettorali.
L’Ucraina non è un tema di politica interna: è un dossier cruciale per la trasformazione degli equilibri geopolitici del continente.
Ridurre il sostegno a Kiev a un giudizio morale su alcuni singoli casi di corruzione significa non comprendere la posta in gioco.
Significa ignorare la realtà: il 93% degli attacchi russi colpisce civili, non militari.
È su questo che si misura la responsabilità dell’Europa.
La vera posta in gioco: la sicurezza del continente
Difendere l’Ucraina non equivale a difendere Zelensky o un governo.
Significa difendere:
la stabilità del continente,
la credibilità della deterrenza europea,
la sopravvivenza del diritto internazionale,
la democrazia come modello politico.
Se Putin dovesse vincere – o se l’Occidente gli permettesse di farlo – a essere travolta non sarebbe solo l’Ucraina.
La Russia vedrebbe confermata l’idea che l’Europa è debole, divisa, facilmente intimidibile. E il passo successivo, storicamente, sarebbe sempre lo stesso: alzare la posta.
Putin non ha alleati: ha strumenti
C’è poi un punto che il Vicepremier sembra ignorare.
Putin non costruisce alleanze, costruisce dipendenze.
Chi gli è utile viene valorizzato; quando non serve più, viene abbandonato. Anche brutalmente.
Basta osservare il destino di alcuni oligarchi “scomparsi” o dell’ex capo della Wagner, Prigozhin.
Pensare che un leader europeo possa stabilire un rapporto paritario con il Cremlino è una pericolosa illusione.
Gli Stati Uniti non sono più il garante che conoscevamo
La politica estera americana è entrata in una fase di forte instabilità.
Una parte degli USA è tentata da un disimpegno globale che lascia l’Europa esposta.
Trump stesso ha mostrato più volte di credere di poter negoziare con Putin “da uomo a uomo”, come se ci si trovasse di fronte a un interlocutore affidabile.
È una visione ingenua.
È la stessa illusione che rischiano di coltivare i leader europei vicini alle posizioni del Cremlino.
L’Ucraina è la linea del fronte dell’Europa
La realtà è che oggi gli ucraini combattono per la propria libertà, ma anche per la nostra sicurezza.
Ogni casa distrutta, ogni infrastruttura civile colpita, ogni famiglia spezzata rappresenta ciò che potrebbe accadere più vicino ai nostri confini se l’Europa scegliesse la via dell’indifferenza.
La diplomazia non è venuta meno. È stata aggredita.
E non ha fallito: è stata resa impossibile da chi usa i negoziati come una pausa tra un bombardamento e l’altro.
Conclusione: servono realismo e responsabilità
In momenti come questo, la politica italiana dovrebbe parlare con una voce sola: chiara, coerente, consapevole del ruolo dell’Italia in Europa.
Non è il tempo della propaganda, ma dell’equilibrio.
Non è il tempo dei calcoli personali, ma della visione storica.
Crosetto ha ricordato una verità semplice: non si giudica un Paese sulla base di due casi di corruzione.
E soprattutto non si giudica una nazione aggredita come se fosse essa la causa del conflitto.
L’Europa ha bisogno di leaders capaci di leggere la storia mentre accade.
E di ricordare che la difesa dell’Ucraina, oggi, è la difesa dell’Europa di domani.
cav. Giuseppe PRETE Cancelliere Europeo della WOA



