Basilica di San Zeno: Il patrono di Verona e la sua storia nella città     

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(I parte: la storia – II parte: esterno della chiesa  – III parte: interno della chiesa)
II parte: esterno della chiesa

VERONA – Visitare la chiesa di San Zeno è un momento magico in cui occhi, mente e cuore gioiscono e si allietano tra tanta bellezza, arte e religiosità. Con una buona ed appassionata guida che ama questa eccezionale sede – forse meglio che con l’audio-guida in dotazione – sarà possibile apprezzarne ogni dettaglio e, soprattutto, comprendere, ed al meglio, tutto quello che si osserva.
Forse una sola ora non basterà… Vi spiegheremo il perché in una forzata sintesi descrittiva.

FACCIATA. L’evidente, ricco cromatismo armonicamente fuso con l’alternanza dei rossi mattoni e la bianca pietra di tufo, resterà sicuramente impresso nel visitatore, mentre armonicamente incorniciata a sinistra dalla torre dell’Abbazia (XIII secolo) e a destra dall’elegante campanile (XII secolo), la facciata si presenta suggestiva, armoniosa e perfetta nelle linee architettoniche, oltre che sobria e leggera nella decorazione, nel proporci l’influenza dell’architettura lombardo-emiliana nel Veneto.

ROSONE. Il grande rosone scolpito, o Ruota della Fortuna (circonferenza 8,5m), come già detto altrove fu realizzato dal maestro Brioloto de Balneo agli inizi del XIII secolo. E’ decorato da sei statue che raffigurano le alterne fasi della vita umana, ovvero della “fortuna” (nel senso latino di “destino”).

La Ruota risulta divisa in dodici settori da altrettante colonnette, doppie, esagonali di marmo rosso, ornate da capitelli a foglie e a figure animalesche. Al centro un cerchio, o mozzo, internamente aperto e coronato da dodici archi traforati gotici (lobi), mentre altrettanti lobi maggiori collegano i capitelli binati.

Esternamente è circondata da un coronamento  (ghiera: può essere ad anello o semi anello) a tre gradini in marmo bianco e azzurro, che termina in una cornice in pietra. Nell’ultimo gradino marmoreo si trovano disposte sei figure scolpite in marmo greco  che rappresentano i mutamenti del destino dovuti alla Fortuna: le due centrali, in alto e in basso, descrivono i momenti della maggior fortuna e del suo massimo abbandono (in alto un uomo con ricche vesti che in basso è nudo in caduta), mentre in quelle laterali i passaggi intermedi: a destra la transizione dalla felicità alla miseria e a sinistra il ritorno allo stato di fortuna.

Sul mozzo della Ruota una scritta ne spiega il simbolismo: all’esterno si legge «En ego Fortuna moderor mortalibus una./Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono…», all’interno «Induo nudatos, denudo veste paratos;/in me conidit si quis, derisus abibit». (In me la fortuna governa da sola i mortali/elevo, depongo e dono a tutti i beni ed i mali/vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito/se qualcuno confida in me se ne andrà deriso”).

FRONTONE. Il frontone, che delimita esternamente la sommità della navata centrale, è in marmo bianco, creando un bel contrasto con il resto della facciata in tufo e pietra, con le sette lesene (semi pilastro o semi colonna) in marmo rosa che la caratterizzano. Massimiliano Ongaro nel 1905 scoprì sul timpano i resti di graffiti relativi a un grande Giudizio Universale (oggi non più visibile), che lo storico Giuseppe Gerola riprodusse in calco e lo illustrò sul Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione.

L’opera, attribuita a Brioloto e ad Adamino da San Giorgio,era u na delle più importanti e antiche rappresentazioni veronesi del Giudizio Universale. Essa aveva al centro il Cristo in trono con a fianco due angeli, Maria e san Giovanni evangelista. Al di sotto, gli Apostoli e ai lati gli eletti e i reprobi.

Da una parte, Abramo tiene in grembo gli eletti, degli angeli portano in cielo un re, un vescovo e due santi e i morti si alzano dalle tombe al suono delle trombe angeliche. Dall’altra, gli angeli cacciano i dannati con le spade e suonano trombe di giustizia. Fra i dannati un vescovo, un re e una donna. Cinque donne li seguono e una di esse tira la barba al diavolo. Sullo sfondo le fiamme bruciano i dannati e un diavolo li punisce.

PROTIRO. Il protiro è firmato dal maestro Niccolò ed è stato realizzato nel XII secolo, probabilmente con successive manomissioni che hanno attenuato l’originale armonia. Appare di forma molto semplice, senza strombatura (svasatura del muro), con un baldacchino a cuspide sorretto da due telamoni (sculture maschili che fanno da pilastri) rannicchiati; in alto sono scolpiti i bassorilievi dei santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.

Sull’arco si notano l’Agnello e la mano di Dio benedicente, con la scritta latina “La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante”. Alla base due leoni rappresentano i guardiani della chiesa, coloro cioè che controllano l’entrata delle anime meritevoli e non meritevoli (sotto le loro zampe stringono un agnello e un diavolo), mentre le due colonne simboleggiano la “giustizia” e la “fede”.

Nel protiro troviamo tre tipi di rappresentazioni: quelle sacre sui miracoli di san Zeno, quelle politiche sulla nascita del Comune nel 1138 (anche importante documento storico) e quelle profane sui mesi ed i mestieri tipici stagionali  (spighe, uva, legna, maiale…). San Zeno compare al centro mentre calpesta il demonio, quasi a sancire il patto tra i milites e i pédites.

Sulla destra, a cavallo, i rappresentanti dell’aristocrazia feudale e dei mercanti (gli equites) e a sinistra il popolo, la borghesia nascente, i fanti armati (i pédites). San Zeno, nella scena, consegna una bandiera ai veronesi, una sorta di investitura di derivazione sacra.

ALTORILIEVI. Ai lati del protiro e del portale sono collocati 18 altorilievi del XII secolo, dieci a sinistra e otto a destra, disposti a coppie. La realizzazione dei bassorilievi di sinistra è attribuita al maestro Guglielmo e ai suoi aiutanti, mentre quelli a destra appartengono a maestro Niccolò e alla sua scuola. Le scene presentano sia soggetti sacri, tratti dall’Antico e Nuovo Testamento, sia soggetti profani, con protagonista Teodorico il Grande.

Infine, sul fianco sinistro, si nota nella grande lesena un ulteriore rilievo raffigurante una figura di donna inserita in un arco ove è incisa la scritta “Mataliana”, da identificarsi forse in Matilde di Canossa, in Adelaide di Borgogna o in una benefattrice (Maffei, 1732).

PORTALE. L’ingresso principale della basilica è chiuso da un celebre portale bronzeo realizzato da valenti maestri in epoche diverse non meglio precisate. Esso è costituito da 73 formelle di bronzo di varie dimensioni fissate da grossi chiodi di ferro. Di queste, le 48 più grandi (24 per ogni battente) misurano 56×52 cm circa, di cui 42 recano scene dell’Antico e Nuovo Testamento, in 4 vi sono i miracoli di San Zeno e 2 fungono da maniglia. Di esse 18 sono ancora più piccole e di forma quadrata (17×17 cm circa) con figure cornate e le Virtù; infine ve ne sono 7 rettangolari (45×17 cm circa) lavorate a traforo in forma di torre conica, posate su una galleria, che fungono da cornice per le formelle maggiori. Le formelle più grandi sono distribuite nella parte centrale dell’anta,  in tre fasce verticali e otto orizzontali.

Gli attuali battenti vennero forse realizzati in occasione del prolungamento della chiesa già ultimata nel 1138.

Si dibatte molto sui maestri autori delle formelle, ma è certo che sono il frutto di almeno due differenti autori di epoche diverse, probabilmente tre. Tutti concordano nell’assegnare al cosiddetto “primo maestro” (forse un certo Stefano Lagarino della prima metà del XII secolo, 1138), le formelle relative al Vecchio Testamento. Ad un “secondo maestro” che probabilmente operò al tempo di Niccolò e Guglielmo si attribuisce la realizzazione di quelle sul Nuovo Testamento.

Infine, secondo molti è rilevante la presenza di almeno un “terzo maestro”, il cui intervento potrebbe essere avvenuto tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII secolo, e che si occupò di rappresentare tre scene della vita di San Zeno per il battente di destra. Nonostante oggi il portale appaia disorganico, rovinato, vittima del tempo e dei furti, è considerato uno dei più interessanti esempi di questo genere riscontrabili in Italia.

CAMPANILE. L’attuale campanile (alto circa 50 m), isolato dalla chiesa e realizzato al di sopra di uno precedente, risale ai secoli VIII-IX, ed è il frutto di una lunga storia edificatoria.

Da un’iscrizione posta su di esso, si nota che i lavori di costruzione e restauro incominciarono nel 1045 con l’abate Alberico. Vent’anni più tardi, alla morte dell’abate, arrivava all’incirca alla metà dell’altezza odierna. La sua realizzazione finì intorno al 1178 grazie al “maestro Martino” che ricevette la commissione dei lavori dall’abate Gerardo. Si trattò quindi di un lungo cantiere interrotto solo dal terremoto del 1117, cui seguì il restauro del 1120. Esso poggia su un’imponente zoccolatura rettangolare (8,2 x 8,2 m) realizzata in conci di pietra, il cui uso continua anche al di sopra del basamento, alternato a tufo e cotto, a creare la bicromia tipica del romanico veronese.

La cella campanaria è dotata di due ordini sovrapposti di trifore per ogni lato, tutte ad arco a tutto sesto in conci di tufo e laterizio. Fin dal 1498 la cella campanaria ospita 6 campane, la più grande fusa nel 1423 sfiora la tonnellata di peso ed ha un diametro di oltre un metro. Il campanile termina con quattro pinnacoli angolari.

Concludiamo questa breve sintesi descrittiva con gli orari per le visite turistiche e culturali. Dal 1 marzo 2025  al 31 ottobre 2025: dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 18.30. Sabato 9.00-18.00. Domenica e festivi: 13.00-18.30, con alcune variazioni temporanee (consultare le informazioni).

Dal 1 novembre 2025 al 28 febbraio 2026: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 17.00. Sabato e pre festivi: 9.30-17.30. Domenica e festivi 13.00-17.30. L’accesso con carrozzina è possibile solo per una parte della basilica, quella inferiore. Ingresso gratuito per disabili ed accompagnatore.
N.B. Non è necessaria la prenotazione per le visite. I biglietti si acquistano all’ingresso della prima chiesa che visitate.  Per informazioni: info@chieseverona.it

Post scriptum. Le notizie di questo articolo sono state tratte “et ab hic et ab hoc” da:  Collana Guida d’Italia: Veneto (esclusa Venezia), Milano Touring Club Italiano 1992 – Appunti e ricerche di Renato Cortese, fratello dello scrivente. Internet – Wikipedia –

….continua …
Per informazioni: info@chieseverona.it

Nella foto dell’autore: veduta generale della torre (a sinistra), della facciata col campanile e particolari della Ruota della fortuna e del Protiro

franco cortese

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