La “bonina” Firenze: Visitammo la tredicesima!

0
13

FIRENZE – Visitare questa città è compiere un viaggio nella storia patria, nella cultura, nell’arte, nella cucina e nella “buona accoglienza”; per molti anche nei ricordi.
Questa città ha talmente un alto grado di attrazione che alcuni vi ritornano più volte e non si annoiano mai, trovando sempre qualcosa di nuovo da vedere, imparare… magari riammirare!

Oggi parliamo ancora una volta di “lei”; vi raccontiamo di un tredicesimo viaggio, novembrino, infreddolito anziché no! Ma entusiasmante e ricco di novità, narrato con un ricercato linguaggio… “originale”!

Nello antico favellar di Fiorenza qui vi narro d’una visita di quattro dì col freddo in canna: pur tuttavia li giorni però scaldaronsi con lo prorompente foco ardente della cultura, lo bono local mangiare et, all’uopo, lo dissetante vinoso bere toscano.
Tanto noi vedemmo et imparammo tra le contrade, addentro alli palazzi e alli musei et sopra li papiri e tomi vergati da li sapienti, ma per lo scarso tempo et spazio domandato dallo forzato scrivere, qui a voi riportiam sol stringata et sintetica summa dello bono viaggio.

Giorno vi fu in cui imparammo come la fiorentina carne, così nomata a motivo dello modo come lo taglio dello coltello agì sulla bestia, vien detta “classica” non per ricordare, come logica suggerirebbe, la Maremma, ma lo lontano Piemonte.

Lectio appresa con lo pasto di mezzodì, nell’antica di San Lorenzo taverna, in cui questa venne riferita, con somma maraviglia piemontese, dalla popolana locandiera Rosy che la apprese da lo cuoco suo ne la cucina; ciò dopo disumano esordio collo primo servente che con scortese approccio et audacia e baldanza mal si dispose verso lo nostro gruppo di poveri viandanti affamati di mente, di cuore et anche di panza.

Lo Beato Angelico ritrovammo con piacer, riempiendo con li occhi il cor di belle imagi che nello San Marco convento, avante, et nella degli Strozzi dimora di poi, cum sommo gaudio et piacere con amor visitammo.

Di tanta luce, prospectiva et figuranti su tavole e mural pitture, citerem di fra’ Giovanni la gran pala (1440) che, da li Medici commissionata per lor casata, illustra di Cosma e Damian, lor protettori, la vita. Lo bon frate un’intera opera con ben 18 pezzi predispose che li episodi di quelle vite sante illustravano, et ben 17 per lo mondo furo sparsi, fin dallo perso nel tempo anno 1679; qui li vedemmo qual miracol divino ricomposti.

Risalimmo con sudor anco la irta erta che dall’Arno porta fino allo forte di San Giorgio (alias Belvedere), per lo punto panoramico rinomato, ultima tappa de lo corridoio Vasariano, da Bernardo Bontalenti architettato, ma ahi noi! chiuso lo trovammo e quel “ freddo et sudato sudor” ancor più gelido divenne, con suo maggior peso sulle stanche et vetuste piemontesi membra si posò. Ma “Firenze val ben una salita et una sudata” ricorda lo popolar sapere antico.

Financo di poi di Boboli il giardin visitammo, con 10 “fiorini” di pedaggio – un eccessivo et non trattabile “pizzo” direbber li moderni – senza manco una piantina ricevendo di papiro, per accrescere lo sapere, o di floreale natura per lo nostro orto o terrazzo arricchire.

La bona sorte ricompensa li arditi et li eroi: a compensar lo scorno con lo bono lampredotto ci cibammo ne lo grande bazar de lo mercato, intra una folla di viandanti e pellegrini affamati che spingean per aver per primi lo pane, con lo vario linguaggio de lo mondo forestiero, mentre li nostri non tutto et non sempre comprendean di quel vocio.

Dopo un lungo tempore d’attesa nella dei pellegrin fila in la piazza, anco lo Duomo potemmo rivedere, ringiovanendo quello ricordo in la memoria et ritemprando lo spirito; quel fenomenal colosso d’architettura da lo sommo Brunelleschi fu miracolato, lo quale il crollo della gran volta evitò con studio, laboro et maestria, oggi ancora ineguagliato!

In Santa Maria Novella domus ci fermammo cum le preziose gioie custodite, da pittori, scalpellini, sommi maestri et astronomi concepiti. Ebbimo financo una dotta femminea guida, che tanto (forse troppo) con bona cognizione di causa parlò – tra un sospetto tossire trascurato – di quei tesori, et anco del suo vedere lo mondo di oggi con li suoi problemi, sempre osannando le fiorentine virtù et de li homini et de le femmine suoi antenati. Di quello prezioso, grande crocifisso, tra l’altro, ci parlò grandemente et compiutamente, che lo sommo Giotto ideò, intagliò e dipinse con l’ultimo sospir del Cristo magistralmente immortalato.

E che riferir de lo meraviglioso Museo Nazionale de lo Bargello ove ospiti sono – ne lo più antico pubblico palazzo di Fiorenza (che nacque nello anno mille et dugento et cinquantacinquo) – le migliori nel mondo sculture italiane de lo Rinascimento. Nomi che fanno tremare la terra, lo cielo et le acque nel sol pronunciarli et da tutti nell’arte osannati: Donatello, Verrocchio, Della Robbia, Michelangelo, Giambologna, Cellini, solo per nomare li più famosi.

Collezioni maxime et varie che comprendono non manco sculture ma anco più centinaia di dipinti, armi, sigilli, tessuti, cere, smalti, avori, maioliche et molto altro ancora.

Incantati come per stregoneria fummo da Ponte Vecchio, Santa Croce, dalli tesori di piazza del Duomo (cattedrale, Battistero et campanile), et da lo ammirare dall’alta collina lo paesaggio urbano in secoli così lontani costruito… como la Piazza della Signoria ma anco le Logge delli Lanzi e del Porcellino. Per non riferire degli “immensi” capolavori del Pitti et delli Uffizi, tante volte visitati nel passato, con lo corridoio dello Vasari pien di grandi tele.

Caso volle che per ben du volte attraversammo lo vetusto et magnifico Ponte Vecchio nella calca, di folla gremito, et in uno di codesti passaggi, mentre quei grandi tesori spandean intorno lampi di luce stregante, lo popolo venia attratto da ori, argenti et pietre preziose; et pure Franciscus ammaliato et soggiogato da simil meraviglie, perse momentaneamente lo contatto colli suoi soci, ma per lo vero fu anco da essi abbandonato.

Et ciò, nello mesmo momento in cui al varco nord del medesmo ponte la milizia armata sulli moderni destrieri attendea… non è dato sapere “chi” o “che cosa”!

Solo per li curiosi et le aperte menti qui citiamo li luoghi poco noti che tanti visitanti non curano, ma che vedere, prima o poi, ognun bisogna: la Loggia del Bigallo, la Berta, le Burelle, Palazzo delli Cartelloni, il sasso di Dante, la Madonna del Puzzo, la finestra maledetta di Palazzo Grifoni, i ritratti di Michelangelo, Cellini e Dante; et ancora la Biblioteca Laurenziana con lo scalone et la facciata michelangioleschi, lo chiostro dello Scalzo con gli affreschi monocromi di Andrea del Sarto et lo piccolo ma amato sacello Rucellai di Leon Battista Alberti ne la ex chiesa di San Pancrazio, la farmacia antica de la Santa Annunziata, ancor oggi in vita se pur nata nel 1561, oppure quella di Santa Maria Novella che ancor più lontan nel tempo, ne lo storico anno 1542, le porte aprì ufficialmente allo grande pubblico…

Et infin la sera “…tornammo a riveder le stelle…”

Non poche et bonine le lucine de li filari luminosi per lo Natale, che allorquando lo giorno si spegne fan viver la notte et rallegran un pochino lo core; ma lo pindarico pensiero lavora et ricorda: quelle “lucciole” eran quasi nulla a lo confronto de le “stellari” luminarie torinesi, laddove sommamente sfarzose et artistiche incorniciano li bordi de le strade che, con di geni arditi la maestria collaudata, ormai da anni ineguagliabile scena son di fine annata.

Allo termine delli giorni destinati lasciammo con tristizia la gran contrada, com’anche l’ospitante ostello florentino che bene accolse e conservò nelle gelate notti novembrine li corpi tanto faticati dal gran diurno cammino, coccolandoli co lo silenzio e co’ lo tepore, et al mattin ben ridestandoli con li adeguati ristori.

Promessa solenne infin facemmo ad ogni cosa: ritornerem ancor prima che noi si riposa!

Nella composizione fotografica dell’autore un panorama di Firenze ed i pezzi della Pala di San Marco esposti nella mostra.

franco cortese

Franco Cortese Notizie in un click