Domani, mentre l’Italia è distratta dalle feste, il governo si prepara a sferrare un colpo mortale a uno degli ultimi guardiani dei nostri soldi: la Corte dei conti
Con un’arroganza che lascia senza fiato, approveranno una “riforma” che è un insulto a ogni cittadino onesto.
LA chiamano riforma. Altro non è che un condono preventivo per i potenti, un lasciapassare per l’incompetenza e la corruzione. Il messaggio è brutale e chiarissimo: se chi amministra i soldi pubblici sbaglia, sperpera o causa un danno milionario, non pagherà più. O meglio, non pagherà quasi più. La responsabilità per “colpa grave” viene cancellata. Resta solo il dolo, l’intenzione di rubare, quasi impossibile da dimostrare. E anche in quel caso, il risarcimento viene limitato a una miseria, al massimo il 30% del danno.
E il restante 70%? Quello lo paghiamo noi. Tu, io, le nostre famiglie. Con le nostre tasse. Chi sbaglia non paga. Paga la collettività.
Ci raccontano la favola della “paura della firma”, dicono che i dirigenti sono terrorizzati e che per questo l’Italia è bloccata. Una menzogna colossale. La verità è che stanno smantellando i controlli per poter gestire miliardi – a partire da quelli del PNRR – con le mani libere. Vogliono un potere senza responsabilità, una spesa senza controllo.
Trasformano la Corte dei conti da cane da guardia a cagnolino da salotto. Da organo di controllo a consulente compiacente.
Questa non è politica. È un’operazione di potere sfacciata, portata avanti da chi dovrebbe servire il popolo e invece serve solo la propria casta.
È il trionfo dell’impunità, la celebrazione della mediocrità, la garanzia che amici, parenti e compagni di partito potranno continuare a gestire la cosa pubblica come se fosse cosa loro, senza temere conseguenze. Domani non si vota una legge. Si ratifica una resa.
La resa dello Stato di fronte all’inefficienza e all’illegalità. La resa della giustizia di fronte al privilegio. Ma non pensino di averla vinta in silenzio. Noi vediamo. Noi capiamo. E non dimenticheremo chi ha firmato questa porcata. Il conto, prima o poi, arriva per tutti



