Giudizio, inevitabilmente, sospeso. In attesa del 2026. Seppur in un ministero in macerie tra dirigenti che scappano per la zarina Giusi Bartolozzi, gli scandali e una gestione approssimativa dei dossier – vedi caso Almasri – il ministro della Giustizia Carlo Nordio è riuscito a portare a casa la riforma a cui ha legato tutto il suo mandato: la separazione delle carriere berlusconiana.
Tutte le altre leggi sono state rimandate, di gaffe ne fa una dietro l’altra (dal “codice genetico dei maschi” sui femminicidi, all’aumento dei detenuti “per colpa dei magistrati”) e la premier Giorgia Meloni vorrebbe evitare di farlo partecipare a troppi talk show per non compromettere la campagna referendaria: nelle sue prime uscite ha detto che sulla verità su Garlasco a volte bisogna “avere il coraggio di arrendersi” e che sulla separazione delle carriere “anche Licio Gelli aveva idee giuste”.
L’obiettivo, insomma, adesso è nasconderlo per poi farlo ricomparire in caso di vittoria del “Sì” al referendum. Dal ministero scappano, non ne azzecca una.



