Avv. Mirco Palladino: Scrivo su istanza del padre di due bambini sottratti ai genitori

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Adozione - infanzia - bambini - genitori - famiglia Foto Romano Magrone. Archivio Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento

Scrivo su istanza del padre di due bambini sottratti ai genitori e dei quali non si hanno notizie da oltre un anno.
TORINO – La vicenda in oggetto, che ora è giunta davanti alla Corte di Cassazione di Roma, a seguito di impugnazione della sentenza emanata dalla Corte d’Appello di Torino, trae origine da un ricorso del P.M. in data 23-24 agosto 2016, su segnalazione dei Servizi Sociali del Comune di S. a seguito della quale veniva aperto un procedimento per l’eventuale dichiarazione delLo Stato di adottabilità dei minori L. F. e L.L. . Si dava atto nel ricorso della apertura di una procedura di adottabilità nel 2014, conclusasi peraltro con una pronuncia di non luogo a procedere con sentenza del 15.12.2015. A seguito di ulteriori eventi critici nel corso del 2016, sfociati in una segnalazione da parte del servizio sociale di competenza, circa presunti abusi da parte della madre, veniva nuovamente aperta la procedura di adottabilità dei minori L.F. e L.L. con sospensione della potestà genitoriale in capo ai genitori e collocazione dei minori presso famiglia affidataria, e con contestuale incarico al servizio sociale e NPI di valutare le condizioni psicofisiche dei minori e la capacità genitoriale di madre e padre. I genitori ovviamente si opponevano alla dichiarazione delLo Stato di adottabilità dei figli minori, contestando, in fatto e diritto, le motivazioni del provvedimento 25 agosto 2016, ed in particolare la segnalazione dei S.S. del Comune di S., che è stata la ragione fondamentale dell’allontanamento dei bambini dai genitori.
Nella relazione dei servizi si riferisce di “pesanti schiaffeggiamenti in pubblico, feroci accanimenti sul figlio più grande che riverso in terra veniva preso a calci, schiaffi e pugni sino a far intervenire cittadini per fermare la madre, urla isteriche, parolacce, minacce ed anche furiosi sollevamenti dei bambini da terra attraverso la presa per il collo”. Nulla di tutto ciò è stato provato in giudizio, né i genitori, in particolare la madre, hanno mai ricevuto notizia di procedimenti penali a carico per tali fatti.
Né i bambini sono stati refertati presso un Pronto Soccorso o sono state riscontrate lesioni, anche minime, sui medesimi.
Quanto al padre, questi, vista l’impossibilità di avere il benchè minimo aiuto da parte dei S.S. di Torino, vista l’impossibilità di collocare i figli presso l’abitazione di parenti disponibili si era visto costretto a reperire una sistemazione in S. ovviamente temporanea, mentre il medesimo lavorava a Torino. Al padre sono state anche mosse accuse, anch’esse non dimostrate, di presunto abuso di sostanze stupefacenti. Il Sig. L. S. si è offerto di eseguire test tossicologici ma il Tribunale, nonostante la formale richiesta in tal senso del proprio difensore, non ha dato seguito alla richiesta.
Nonostante nessuna delle accuse concernenti presunti abusi sia stata dimostrata, il Tribunale per i Minorenni di Torino dichiarava lo stato di adottabilità dei minori, ne disponeva l’immediato inserimento dei minori in idonea comunità, con interruzione dei rapporti con i genitori; dispone che a cura del tutore ed in accordo con l’Ufficio adozioni, i minori, al reperimento di idonee risorse, siano collocati in due diverse famiglie in possesso dei requisiti per la loro futura adozione, disponibili a garantire la prosecuzione dei rapporti tra i fratelli, con incarico ai Servizi sociali di attivare gli opportuni interventi di sostegno per i minori.
Nonostante la situazione di non abbandono dei bambini, questi sono stati sottratti alla famiglia di origine.
Ricordiamo in proposito la l.4 maggio 1983 n.184 “Diritto del minore ad una famiglia”, di cui si riportano testualmente i primi tre articoli:
1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’àmbito della propria famiglia.
2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’àmbito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’àmbito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie.
In generale, non è stato mai negato che i genitori abbiano manifestato fragilità e inadeguatezze nell’esercizio della funzione genitoriale, ma a dette carenze avrebbero dovuto sopperire i Servizi sociali, la MPI e il DSM. Con un adeguato supporto si sarebbe evitata una decisione drammatica che potrà segnare, se confermata, la vita di figli e genitori. Quel che è purtroppo mancato, quindi, è proprio un fattivo intervento delle strutture pubbliche di sostegno ed ausilio ad una famiglia in difficoltà.
I Servizi sociali mai si sono attivati per procurare ad una famiglia in difficoltà un adeguato sostegno, procurando loro una abitazione popolare (sin dal 2012 il Sig. L.S. ha presentato domanda di partecipazione al bando per l’assegnazione di un alloggio di edilizia sociale, senza esito). Gli stessi S.S. hanno evidenziato l’assenza di una rete parentale di sostegno per la famiglia, a causa di svariati motivi: ragione in più perché gli stessi S.S. profondessero maggiore impegno nell’aiuto ad una famiglia in difficoltà. Ma nulla è stato fatto in tal senso: si è preferito allontanare i minori dai propri genitori piuttosto che aiutare adeguatamente il nucleo famigliare.
La Consulenza Tecnica d’Ufficio disposta dal Tribunale per i Minorenni ha concluso che i genitori non abbiano i requisiti sufficienti per svolgere in modo sufficientemente adeguato la funzione genitoriale o che comunque i loro tempi di recupero non siano compatibili con i tempi dei bambini. Infine, circostanza assolutamente censurabile, la statuizione che i bambini debbano essere separati ed affidati a due diverse famiglie, ha aumentato l’aspetto traumatico che già hanno subito con la separazione dai genitori. Al riguardo, si precisa che i genitori per il periodo successivo alla sentenza di primo grado, a partire dal 25.8.2018 e sino alla sentenza di appello hanno potuto vedere i bambini solo in luogo neutro, alla presenza degli educatori. Dopo la pubblicazione della sentenza di appello non li hanno più potuti vedere del tutto.
Quali le conseguenze sul loro futuro sviluppo psicofisico? Sulla loro personalità? Come è stato possibile per i giudici minorili assumersi questa immane responsabilità? Oltretutto i minori non sono mai stati sentiti : anche se piccoli, otto anni L.F. e un anno in meno il fratello L. all’epoca hanno evidentemente capacità di discernimento e di elaborare le proprie emozioni e desideri.
La Convenzione di Strasburgo (art. 6) impone all’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione nei procedimenti relativi a minori, di valutare se dispone di informazioni sufficienti ad fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del fanciullo e, se necessario, ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali. Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
La sentenza del Tribunale per i Minorenni veniva impugnata avanti la Corte d’Appello di Torino, che tuttavia, con provvedimento in data 7 agosto 2018 respingeva l’appello confermando lo stato di adottabilità dei minori.
Avverso tale decisione i Signori L.S. e S.D. depositavano nel marzo 2019 ricorso avanti la Corte di Cassazione di Roma lamentando gli errori metodologici e procedurali del Tribunale per i Minorenni e della Corte d’Appello (mancato riscontro documentale e testimoniale dei presunti abusi della madre, mancato esperimento del test tossicologico sul padre, mancata audizione dei minori in ambiente protetto) e chiedendo la revoca della dichiarazione di adottabilità dei minori, previo rinvio alla Corte d’Appello competente per l’espletamento delle attività istruttorie necessarie, ma, a distanza di un anno dal deposito del ricorso non è stata ancora fissata l’udienza in Camera di Consiglio ed il fondato timore è che il tempo giochi contro il rientro dei minori nell’alveo della propria famiglia naturale.
Avv. Mirco Palladino