Montanelli e poi i pennivendoli

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Dedico queste righe a coloro che contestano Indro Montanelli. Per quanto riguarda la vicenda del matrimonio con una 14enne africana, rimando al chiarimento dei fatti a quanto spiegato da Marco Travaglio nella trasmissione Accordi&Disaccordi. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/13/montanelli-travaglio-ad-accordidisaccordi-rimuovere-la-statua-a-milano-era-figlio-del-suo-tempo-non-un-razzista/5833925/

Invece io vorrei ricordare un fatto incredibile accaduto tanti anni fa attraverso il quale si può capire bene la figura di Montanelli e i tanti figuri che vi hanno partecipato. Un giorno l’allora presidente della Repubblica Cossiga si chiese chi dovesse comandare sul piano della sicurezza al Quirinale nel caso in cui il Capo dello Stato fosse stato colpito da una malattia o da un attentato. Nessun altro Capo dello Stato ha osato fare altrettanto dopo la figuraccia di Cossiga. Siccome al Quirinale ci sono il consigliere per gli affari militari che è un generale con tutto il suo apparato; il consigliere per gli affari interni che è un prefetto con tutto il suo apparato; i corazzieri con il suo colonnello e suo apparato; l’ispettorato generale della P.S. con un questore e suo apparato; il nucleo presidenziale dei c.c. con comandante e suo apparato, ecco che la domanda non era tanto peregrina. Quando poi Cossiga ebbe la risposta successe il dramma tipicamente italiano. Per il presidente Cossiga tutti dovevano prendere ordini dal prefetto Mosino che era il suo consigliere per gli affari interni. Si dimisero il comandante dei corazzieri e il capo di stato maggiore dell’Arma al grido “Noi non prendiamo ordini da un civile”. Di lì a poco ci sarebbe stata la festa dei carabinieri e non ricordo quale generale disse che il Capo dello Stato non era gradito.

Un dramma inaudito che può capitare solo quando la politica è debole e paurosa di un possibile ricatto. L’unico giornale che ebbe il coraggio di pubblicare tutto in prima pagina fu uno solo: Il Giornale di Indro Montanelli. Tutti, dico tutti gli altri, compresi quelli che si ritenevano fieri di essere all’opposizione come l’Unità e il Manifesto, non pubblicarono nulla.

Per ben tre giorni in prima pagina Il Giornale informava i suoi lettori del macello che si scatenò dentro le mura del Quirinale. Una lotta che nessuno poteva immaginare e che finì per vedere il politico, che poi è passato alla storia come il più preparato in tema sicurezza, che non fu in grado di decidere in casa sua. Ma quello che qui interessa è che nessun giornale ebbe modo di capire che bisognava informare i propri lettori di una notizia sicuramente importante.
Solo al quarto giorno arrivarono timidamente, nelle pagine interne e ben nascoste da titoloni e fotografie di altre notizie, l’informazione di quanto stava succedendo dentro il Quirinale.

Così come quando Cossiga una domenica mattina si recò furtivamente nell’ufficio privato di Andreotti proprio quando scoppiava la bomba “Gladio”. L’unico giornalista che lo aspettava giù al portone era uno de Il Giornale. Cossiga sgranò gli occhi sicuro che tanto gli altri non avrebbero pubblicato. E così avvenne.

Ecco chi era Montanelli. Oggi si fa presto a urlare “Razzista!” Quando Montanelli raccontò quello che fece in Africa lo poté raccontare proprio perché la società non avrebbe reagito come lo farebbe oggi. Difatti nessuno si sentì in obbligo di replicare o condannare Montanelli. Perché tutti approvarono o comunque non ebbero nulla da contestare. Oggi se una persona raccontasse una cosa simile seguirebbero licenziamenti, interrogazioni parlamentari, indagini delle procure militari e civili.

Un’ultima considerazione. Le leggi con le quali si poteva sposare pagando una fanciulla, oggi, sono ancora lì in vigore. In Africa non in Italia. Ma non vedo nessuno che contesti questa aberrazione.

Forse contestando si avrebbe paura di essere razzista????                                                                        (Stefano Rossi)