A carte scoperte

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L’Articolo della Vittoria, apparso per errore sui siti statali russi con un anticipo financo eccessivo rispetto alla realtà, ha il merito di togliere la maschera a Putin e, si spera, le fette di salame dagli occhi di qualche relativista di casa nostra.

Vi si legge che l’Ucraina è tornata alla Grande Madre Russia perché America ed Europa non hanno avuto la forza di trattenerla nella loro sfera di influenza e che questa guerra sancisce la fine del dominio occidentale sul mondo.

Ma come? Qui qualcuno ci aveva spiegato che il conflitto era stato propiziato dall’arroganza miope dell’Occidente e che per evitarlo sarebbe bastato far arretrare la Nato, meglio ancora dissolverla in uno sbadiglio. Il fatto che fossero stati proprio i Paesi dell’ex Patto di Varsavia a volersi mettere sotto l’ombrello atlantico era evidentemente il frutto di un’ipnosi collettiva.

Da una simile ricostruzione Putin ne usciva come un attaccabrighe, certo. Ma un attaccabrighe che si era limitato a reagire a una provocazione.

Questo perenne tormentarsi dell’Occidente con i sensi di colpa va persino a suo onore. Però la ricerca ostinata delle cause ultime spetta agli storici. Esercitata dai contemporanei, assomiglia a un alibi per giustificare la resa alle ragioni del bullo di turno.

La banale realtà è quella illustrata dall’articolo uscito precocemente sui siti russi. Putin ha deciso di papparsi l’Ucraina, e non perché l’Occidente era troppo ostile, ma perché lui ha avuto l’impressione che non lo fosse abbastanza.

Massimo Gramellini