A rigor di logica (politica) il sindaco di Milano Beppe Sala non dovrebbe troppo lamentarsi per non essere stato avvertito in tempo dello sgombero del Leoncavallo. Grazie a tale, apparente, mancanza di riguardo da parte degli organismi governativi non gli è forse stato evitato di farsi carico di una decisione impopolare a sinistra, dove prende ancora qualche voto, in modo da poter dire, come poi ha detto, che lui non ne sapeva niente?
Sempre sulla base delle convenienze che si mascherano di indignazione ipocrita, l’opposizione non dovrebbe invece augurarsi il perdurare del mancato sgombero di CasaPound dal palazzo demaniale occupato al centro della Capitale? Poiché, se il governo Meloni decidesse di sfrattare i fascisti del Terzo millennio, magari con una spettacolare azione di polizia, non soltanto renderebbe di botto inefficace l’accusa preferita dalla sinistra, quando non sa che pesci prendere: quella della complicità dei nipotini di Giorgio Almirante con i manipoli squadristi. Ma, soprattutto, non sarebbe una mossa politica spiazzante se la premier di destra decidesse di colpire al cuore (e nel portafoglio) i cari camerati asserragliati da oltre vent’anni al civico 8 di via Napoleone III, quartiere Esquilino? Occupazione che ha già bruciato oltre 4,5 milioni di euro all’erario, tra mancata riscossione dei canoni e impossibilità di utilizzare il bene.
Con una inattesa mossa d’imperio Meloni darebbe impulso e consistenza al progetto che molto gli sta a cuore. Quello di trasformare Fratelli d’Italia, già oggi non più rifugio dei nostalgici del tempo che fu, in un moderno partito conservatore deciso a liberarsi delle scorie (nere) del triste passato. Pensate al beneficio di immagine se a Palazzo Chigi si decidesse di applicare con assoluta equanimità la regola declamata in queste ore nel tg unificato di regime. Ovvero, che “in uno stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità“.
A rigor di logica (politica) l’opposizione dura e pura dovrebbe sperare che la lunga lista degli sgomberi annunciati e mai eseguiti degli scrocconi col braccio teso (vedi l’esauriente pezzo di Thomas Mackinson sul “Fatto” di venerdì) non venga interrotta onde utilizzare ancora la consueta figura retorica che strilla: “E allora CasaPound?”. Ipotesi abbastanza probabile quella del “nessuno tocchi CP” considerati i problemi di ordine pubblico che lo sgombero dei neofascisti comporterebbe. Una cosa è mandare a casa, come avvenuto a Milano, un pugno di compagni attempati e debilitati dalle lotte che furono. Altro paio di maniche è convincere con le cattive (vista l’inefficacia delle buone) un’organizzazione strutturata quasi militarmente che difficilmente, all’appropinquarsi degli uomini in divisa, reagirebbe con un garbato: prego, accomodatevi (“Pronti a difenderci”, già minacciano sulla “Stampa”). Possiamo ritenere che il Viminale preferirebbe non cacciarsi in un simile pasticcio? Paura? Prudenza? Quieto vivere? Le tre cose insieme? Pronti, se smentiti, a rimangiarci volentieri quanto scritto. Non sarà necessario, almeno a sentire il ministro della Cultura Alessandro Giuli che alla domanda sullo sgombero di CasaPound ha virilmente risposto: “No”. Credere. Obbedire. Sbafare.
Antonio Padellaro



