Una macchina perfetta, un modello d’efficienza da esibire al mondo.
Peccato che i numeri, come sempre, siano più onesti delle parole.
Oggi alla Camera il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha presentato il suo rapporto annuale. Un documento che vale più di mille conferenze stampa: dentro ci sono i fatti. E i fatti dicono che la narrazione del governo è l’ennesimo, volgare gioco delle tre carte.
Meloni rivendica 11,1 miliardi in più per la sanità. Peccato che inflazione e costi energetici se ne siano mangiati 13,1. Risultato: non un passo avanti, ma due indietro.
E se a questo definanziamento si aggiungono le liste d’attesa che si allungano, i ritardi clamorosi sull’attuazione del Pnrr per case e ospedali di comunità, e la carenza cronica di medici e infermieri, il quadro è impietoso.
Le Regioni, per non far saltare tutto, hanno dovuto metterci di tasca loro 7,5 miliardi nel 2025. Ma già si intravede il baratro: nel 2028 potrebbero diventare 13,4.
Tradotto: o si tagliano i servizi, o si alzano le tasse.
Intanto, gli italiani continuano a pagare.
41,3 miliardi di euro spesi di tasca propria per curarsi.
E chi non può? Rinuncia. Sono 5,8 milioni di persone – il 9,9% della popolazione – costrette a scegliere tra la salute e il portafoglio.
E anche chi ce la fa, si trova spesso davanti a un sistema stremato: 6,5 infermieri ogni mille abitanti, contro una media Ocse di 9,5.
Professionisti straordinari, lasciati soli dentro un sistema che li sfrutta e li svuota.
L’ottavo rapporto Gimbe fotografa un disastro silenzioso, costruito pezzo dopo pezzo.
Altro che “record”: questo governo sta demolendo la sanità pubblica e, con essa, il diritto costituzionale alla cura.
E il conto, ancora una volta, lo pagano gli italiani.


