La “Prevalenza del Cremlino” in Italia è una lunga e singolare storia che dalle Botteghe Oscure di Togliatti è poi rimbalzata a Villa Certosa, la sontuosa residenza sarda di Silvio Berlusconi, dove Vladimir Putin è stato riverito ospite in diverse occasioni, per approdare in Padania.
E’ qui necessario un riepilogo dell’attrazione fatale tra l’Orso russo e i pulcinella de’ noantri. Caduto l’ideologo del Bunga Bunga, la “Prevalenza del Cremlino” riciccia in maniera oscura e inquietante con il governo Conte-2.
Nella lotta contro l’infezione da coronavirus, nel marzo del 2020 Palazzo Chigi autorizza l’ingresso nel nostro paese di 230 i militari russi guidati dal generale Sergey Kikot per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette. Ufficialmente si trattava di una missione umanitaria, ma poi si viene a sapere, passando ai raggi x la composizione del contingente, che erano stati mandati quasi tutti soldati e solo alcuni ufficiali medici… Tutte spie col camice bianco?
La liason pericolosa tra Putin e il leader della Lega ieri ha scatenato su “Repubblica” la penna del massimo “archivista” del bordello tricolore. Così Filippo Ceccarelli si cucina allo spiedo “Salvinovskij”, fin dal suo primo viaggio a Mosca nel 2014 (“Città pulita, non c’è un rom, non c’è un clandestino, alle 2 di notte le ragazze prendono la metro e tornano a casa tranquillamente”).
Sempre accompagnato dal suo portavoce, Gianluca Savoini, profeta dell’”Eurasia dei popoli” e globetrotter dell’Associazione Lombardia-Russia, Salvini spunta sui divani dell’hotel Metropol, dove qualche barbafinta “captò i colloqui tra mercanti russi di carburante e compratori italiani che sembravano un po’ Totò e Peppino, ma dai resoconti stenografici mettevano a disposizione di Mosca pezzi di politica estera nazionale’’.
Il governo Salvini-Conte naufragò anziché sulla spiaggia del Papeete, dove il “Capitone” in preda al mojito chiese elezioni anticipate e “pieni poteri”, bensì, ipotizza Ceccarelli, “forse è saltato anche per via di quegli impiccetti petroliferi”. “Il Capitano è stato il primo politico italiano a riconoscere la legittimità del referendum con cui Putin si è ripresa la Crimea e anche il primo a chiedere la fine delle sanzioni”, aggiunge la firma di “Repubblica”.
L’amour fou di “Salvinovskij” per “Mad Vlad” era già arrivato a un punto di non ritorno In un post del 2015 (poi rimosso) in cui scriveva: “Cedo due Mattarella per mezzo Putin”. Partito l’embolo, nel 2017, “ormai in accentuata transizione sovranista, incontra il ministro Lavrov e firma un accordo di collaborazione tra la Lega e il partito di Putin, Russia Unita”.
La nemesi scocca l’8 marzo 2022 quando l’immarcescibile padano decide di avventurarsi in “missione umanitaria” visitando una cittadina polacca vicino al confine con l’Ucraina. A Przemysl, ad accoglierlo, si ritrova davanti un sindaco incazzatissimo che lo sputtana donandogli una maglietta con l’effige di Putin, suo classico outfit in trasferta a Mosca, e rievocando la passata vicinanza del segretario leghista al leader russo, e invitandolo ad andare al confine ucraino, per condannare lo Zar del Cremlino.
Correva sempre l’anno di disgrazia 2022 quando Mario Draghi, giunto al capolinea del suo governo, mette il dito nella piaga e affonda il colpo. Riporta Tommaso Ciriaco su “la Repubblica” del 17 settembre 2022: “Manca solo il nome, ma non serve un esperto in crittologia per decifrare il messaggio di Mario Draghi: “Lo sappiamo, c’è quello che ama i russi alla follia, vuole togliere le sanzioni e parla tutti i giorni di nascosto con loro… Ma la maggioranza degli italiani non lo fa e non vuole farlo”.
“Pochi minuti prima, il premier aveva detto: “Non sono d’accordo con Salvini quando attacca le sanzioni”. Tutto molto chiaro, insomma. Una mossa esplicita dell’ex banchiere nel cuore della campagna elettorale, un invito a scegliere: di qua gli amici di Putin e Orban, di là gli euroatlantisti”.
Sfanculati i toni diplomatici, l’ira funesta di Draghi, nella sua ultima conferenza stampa da premier, tocca il suo climax quando ringhia su non identificati “Pupazzi prezzolati”: “La democrazia italiana è forte, non si fa battere dai nemici esterni e dai loro pupazzi prezzolati. È chiaro che negli ultimi anni la Russia ha effettuato un’opera sistematica di corruzione in tanti settori, dalla politica alla stampa, in Europa e negli Stati Uniti”.
Allo sfogo di Draghi, si aggiunge poi il presidente ucraino Zelensky ricordando che ci sono ancora “troppi propagandisti pro-Putin in Italia’’ e anche per questo Kiev ha intenzione di preparare e condividere una lista di “propagandisti russi e affaristi che hanno delle connessioni profonde con la Russia e aggirano le sanzioni”.
I guai del nostro “Salvinovskij”, alla guida di un partito spiaggiato all’8,5%, con i tre governatori leghisti in aperto conflitto alla sua linea sovranista-populista che ha imbarcato alla vice-segreteria del Carroccio l’ex parà della Folgore, Roberto Vannacci, deflagrano davanti al 30% dei consensi di cui, da tre anni, gode la diabolica Giorgia Meloni, protagonista di un trasformismo senza limitismo.
La Pasionaria della Fiamma, che il giorno della conquista di Palazzo Chigi ringhiava che “è finita la pacchia” a Bruxelles e faceva votare all’Europarlamento Fratelli d’Italia a favore dell’Ungheria del filo-putiniano e anti-UE, Viktor Orban, è passata senza un plissé a un totale filo-atlantismo: eccola scambiarsi smorfie e occhioni svenuti prima con Biden e poi con Trump, viaggi a Lampedusa e in Tunisia con la democristiana Ursula von der Leyen, baci e abbracci con Zelensky, elogiando gli ucraini per la loro “resistenza eroica”.
A “Salvinovskij” non resta che il compito di intralciare l’azione della Camaleonte della Sgarbatella continuando a spargere l’idea di una guerra ormai inutile, il cui esito in favore di Mosca non è più in discussione. E quindi sarebbero inutili gli aiuti militari, quelli economici, il sostegno politico. Le spese militari chieste dal ministro della Difesa? Crosetto se le può mettere in quel posto…


