C’è “grande preoccupazione rispetto alla quantificazione del danno”, ingente, come conferma da sola “la perdita dell’intero raccolto cerealicolo“.
Con queste parole, Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha commentato i danni provocati dall’alluvione in Emilia Romagna. Una situazione definita drammatica: “Molte aziende sono sommerse dall’acqua e il danno è ingente su tutte le filiere produttive, dal settore ortofrutticolo al comparto zootecnico. Abbiamo perso tutto il raccolto cerealicolo e l’Emilia Romagna è la terza regione per produzione di grano tenero a livello nazionale“.
Secondo il presidente di Coldiretti, “per la stima dei danni è necessario velocizzare, per indennizzare e poi per aiutare non solo il comparto agricolo ma l’intera filiera agroalimentare, ritornando a dare fiducia e serenità a un popolo che è stato fortemente colpito”.
Le specie a rischio
Dall’albicocca di Imola alla fragola di Romagna, dal grano Senatore Cappelli alla ciliegia di Cesena fino al maiale razza ‘mora romagnola’, l’alluvione che ha colpito la regione “mette a rischio anche la biodiversità, con intere produzioni che sono state cancellate dopo che gli agricoltori erano riusciti in questi anni a salvarle dall’estinzione”.
L’allarme arriva in quella che è anche la Giornata Mondiale della Biodiversità, che si celebra oggi, 22 maggio a Palazzo Rospigliosi a Roma, dove sono stati portati i prodotti simboli dell’agricoltura romagnola dove l’alluvione ha devastato oltre 5mila aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole del Paese con una produzione lorda vendibile di circa 1,5 miliardi di euro.
Rispetto ai danni provocati dall’alluvione, il dirigente ha sottolineato che in Emilia-Romagna “abbiamo 15 milioni di piante e per ripensare alla ripiantumazione di tutte le filiere produttive le risorse necessarie sono davvero ingenti”.
“L’alluvione ha sommerso i campi con la perdita di almeno 400 milioni di chili di grano decimando anche le semine del Senatore Cappelli, un grano duro antico che ha più di 100 anni, selezionato nel 1915 dall’agronomo Nazareno Strambelli che lo ha così chiamato in onore del senatore del Regno, Raffaele Cappelli. Una varietà che negli anni 60 ha iniziato a scomparire prima di essere recuperato grazie all’impegno degli agricoltori romagnoli. Ma l’esondazione ha sommerso – continua Coldiretti – anche i frutteti ‘soffocando’ le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. E tra queste le pesche e le nettarine di Romagna Igp le cui origini risalgono al XIX secolo, ma anche le albicocche Reale e Val Santerno di Imola, due varietà autoctone di grande qualità che già dal 1900 rappresentano una delle principali fonti di reddito per le aziende agricole del territorio e ha senz’altro contribuito ad arginare l’esodo rurale”.
Minacciata anche la Ciliegia di Cesena, varietà molto amata per il gusto e la consistenza della polpa, così come la fragola di Romagna, i cui campi sono da decenni parte integrante del paesaggio rurale dell’entroterra ed ora sotto finiti sott’acqua.



