Con buona pace della presunta meritocrazia efficientista della legge Calderoli, di fatto inattuabile, Giorgetti ci riporta ai tagli lineari in una versione addirittura peggiorativa di quella del governo Monti e suscita le ire del collega di partito e governatore friulano Fedriga: “Il tetto di spesa ci ammazzerebbe”
Altro che festival delle Regioni: a Bari, dove è in svolgimento la kermesse delle amministrazioni territoriali di area vasta, si respirava un’atmosfera funerea, aggravata dalla lettura di merito della manovra di bilancio per il 2025 e dall’assenza fisica della premier Giorgia Meloni, che con il governatore pugliese Michele Emiliano non ha mai avuto rapporti idilliaci.
La questione è contabile: alle Regioni viene chiesto di concorrere al risanamento in maniera assai poco originale, ossia con i tagli lineari che nei territori assumerebbero la forma dei tetti alle spese.
In altre parole: chi ha disponibilità di cassa non le può spendere ma deve tenerle a bilancio per accrescere l’avanzo primario e aiutare in tal modo il governo centrale a conseguire i parametri del nuovo patto di stabilità ovvero di austerità firmato a proprio tempo dal ministro leghista Giancarlo Giorgetti a Bruxelles su dettatura, di fatto, degli Stati frugali del Nord della UE.
Con un ulteriore, beffardo, paradosso: con il salvadanaio pieno, o capiente, una Regione potrebbe dover essere obbligata a elevare le addizionali Irpef e Irap, ovvero a ridurre ogni residua agevolazione su bolli auto o tributi di conferimento dei rifiuti, con effetti fiscali a catena sulle amministrazioni comunali e sui costi della mobilità individuale. Quanto avvenuto in Piemonte e Toscana è una sentinella d’allarme non piccola su voci come bollo e Irpef.
Massimiliano Fedriga, leghista come Giorgetti, ha fotografato plasticamente lo scenario in seno alla Conferenza permanente fra Stato e Regioni di cui è presidente: l’intesa sulla legge finanziaria e di bilancio, che per legge deve essere unanime, non ci sarà, a meno che Meloni e Giorgetti, e Calderoli, non rinuncino alla logica “montiana” del taglio lineare e del tetto di spesa. In luogo del quale sarebbe preferibile il più elastico sistema degli accantonamenti, che ridurrebbe i vincoli liberando i tre quarti delle risorse in avanzo.
Un dato è certo: se le premesse della cosiddetta autonomia differenziata sono i tagli lineari, che agli obiettivi di merito economico sociali antepongono il raggiungimento di astratti saldi aritmetici, si rischia di nuovo di sprofondare nella trappola del riferimento vincolante alla più classica spesa storica, colpendo le Regioni del Sud – che hanno tale dato più basso della media nazionale – e impedendo al tempo stesso a quelle settentrionali di sviluppare il potenziale di investimenti e servizi in settori come infrastrutture e sanità a beneficio dei propri abitanti e del resto del Paese.
Dir politico Alessandro Zorgniotti




