Soffia vento non solo metaforico di scontro e di contenzioso fra Roma e Bruxelles
In Europa comincia a crescere l’insofferenza nei confronti del Belpaese il cui Governo di centrodestra firma accordi in sequenza con il Dragone per accogliere produttori da Oriente nei campi automotive ed eolico. Anche se deve essere rimarcato che analoga levata di scudi non avviene quando analoghe politiche aperturiste, nei confronti di Pechino, vengono assunte da altri Paesi UE come la Spagna socialista di Sanchez e l’Ungheria nazionalista di Orban
A seguito delle più recenti intese firmate dal Ministro per il made in Italy, onorevole Adolfo Urso, con altrettanti colossi cinesi, rispettivamente negli ambiti della costruzione dei veicoli elettrici e degli impianti eolici, per il momento la sola energia generata è quella dello scatto suscitato fra gli operatori europei dei medesimi settori.
Tanto che questi ultimi non escludono di ricorrere alla Commissione di Bruxelles per valutare la richiesta di procedere contro Roma per presunto dumping industriale e sociale, in ragione degli atti assunti dalla Commissione von der Leyen per cercare di accrescere il grado di autonomia industriale ed energetica nelle filiere strategiche.
Sotto accusa, sui tavoli dei Commissari e dei tecnici di Bruxelles, potrebbe finire da subito l’accordo quadro che Urso ha sottoscritto con Ming-Yang, con l’obiettivo di costruire nel centro sud Italia una poderosa fabbrica di turbine dai cui stabilimenti rifornire l’intera macro area del Mediterraneo con l’offerta di pale eoliche a prezzi finali abbattuti di un terzo rispetto ai listini medi circolanti nella UE per le stesse tipologie e casistiche di tecnologie. Condizioni economiche così agevolate dalla generosa disponibilità di sussidi monetari alla produzione offerti dal Governo comunista di Pechino.
Per questo motivo, secondo alcune fonti dell’associazione di categoria Wind, rappresentativa degli interessi dei costruttori di sistemi eolici nell’Unione, il Governo Meloni Urso starebbe violando una serie di direttive e di regolamenti comunitari finalizzati a prevenire, sebbene in grave ritardo rispetto al pressing concorrenziale fin qui attuato dal Dragone, fenomeni di dumping manifatturiero e sociale non più sostenibile dai declinanti livelli occupazionali e industriali del vecchio Continente.
Frizioni dello stesso tipo si potrebbero scatenare in riferimento all’altro accordo che palazzo Chigi sta cercando di mettere in pista con Dongfeng Motors per spezzare il monopolio della ex FIAT, oggi Stellantis, nella fabbricazione di autoveicoli in Italia, così da spalancare agli oligarchi della grande muraglia le porte di qualche fabbrica oramai sotto utilizzata, da Mirafiori a Cassino, al fine di impiegare fino a 11.000 lavoratori da adibire alla costruzione di un numero addizionale annuo da 100.000 a 150.000 veicoli. Spagna e Ungheria hanno già perfezionato e, in alcuni casi, dato attuazione a memorandum in tal senso, ma al momento non si registrano incidenti diplomatici da parte di Bruxelles nei confronti di Sanchez o di Orban: due leader politici agli antipodi ideologici ma più vicini che mai sui temi della deindustrializzazione e dei compagni di viaggio a cui affidarla.
Dir politico Alessandro Zorgniotti




