Il Governo socialdemocratico di Olaf Scholz, pressato dai sondaggi elettorali in ribasso e dal sorpasso della destra radicale, dopo l’attentato di matrice arabo terroristica di Solingen intende ripristinare il pugno di ferro dei rimpatri, sfidando frontalmente Giorgia Meloni
Solidarietà Europea bye bye. Ancora non si è insediata la commissione von der Leyen bis, ancora il leader popolare tedesco Max Weber non ha fatto rientro da Roma, dal summit avuto con Giorgia Meloni e Raffaele Fitto sui futuri assetti del nuovo esecutivo di Bruxelles a trazione berlinese, che proprio dalla capitale tedesca il governo socialdemocratico di Olaf Scholz, in profonda crisi nei consensi e nei sentiment economici, suona la campanella che sancisce la fine della ricreazione da cui sembrava trasparire un clima di concordia e di mutua solidarietà su temi dall’immigrazione alla condivisione del nuovo debito pubblico su scala UE.
Macché! Stretto fra indicatori elettorali impietosi, sconfitto dagli eredi di Angela Merkel e sorpassato oramai stabilmente dall’estrema destra post nazista, soprattutto nelle regioni dell’est teutonico, il cancelliere Scholz tenta il recupero a spese dell’Italia, e si appella a Bruxelles alla propria conterranea Ursula von der Leyen per chiedere il reinserimento d’ufficio dell’Italia nel trattato di Dublino, da cui il governo Meloni, allora da poco insediato, era uscito in maniera unilaterale con una lettera inviata ai vertici dell’Unione in cui spiegava l’insostenibilità causa saturazione dei centri di accoglienza dei migranti dal Mediterraneo.
La strage di Solingen, di matrice arabo terroristica, ha allarmato il Governo di Berlino che adesso chiede a Ursula la riattivazione dell’accordo di Dublino il quale tornerebbe a trasformare l’Italia, in quanto Paese di primo approdo, nel centro di permanenza e di identificazione dei migranti in arrivo per tutta l’Unione Europea.
Una conferma della circostanza del fallimento delle istituzioni comunitarie, e della stessa struttura intergovernativa della UE dove il potere di veto di uno Stato, meglio se del Nord austero, è tale da mandare “ko” ogni proposito di ripartizione dei flussi di immigrati fra i Paesi della UE, a prescindere dal colore politico dei singoli governi. In tal senso, l’Ungheria sovranista e nazionalista di Viktor Orban non differisce più di tanto dalla Germania socialdemocratica di Olaf Scholz.
Nel frattempo, la magistratura italiana ha cominciato a disapplicare il “decreto Cutro” rimettendo in libertà, con provvedimento del tribunale di Palermo, quattro cittadini nordafricani di origine tunisina che erano stati trattenuti dalle forze dell’ordine in attesa di identificazione. Sintomo dell’imminente fallimento pure del piano Mattei.
Dir politico Alessandro Zorgniotti




