Le statistiche “in progress” indicano che la proiezione dell’intero 2024 non riporterà il livello delle vendite annue di autovetture ai fasti “pre pandemia” del 2019, rispetto al quale deve essere colmato un divario di 15 punti percentuali
Pur mantenendo tutte le riserve, dati gli sviluppi più recenti, in merito alla effettiva italianità residua di Fiat, in termini manifatturieri, sta di fatto che neppure le apparenze stanno più in piedi, ovvero sugli pneumatici: dopo lo smacco subito a dicembre da Volkswagen, nel mese di luglio il marchio simbolo dell’Italia a 4 ruote è stato sorpassato, sebbene di misura, dai giapponesi di Toyota, con 10.361 veicoli immatricolati a fronte di 10.226.
Le rilevazioni delle beffe, per il gruppo diretto dall’amministratore delegato Carlos Tavares, però non finiscono qua: se lungo tutta la prima parte dell’anno il potente CEO della casa automobilistica, oramai franco olandese, tuonava contro i ritardi del Governo Meloni Urso nella promulgazione del decreto interministeriale di sblocco degli incentivi alla rottamazione, infine entrato in vigore il 4 giugno scorso, il dato relativo al settimo mese dell’anno si conferma punitivo per Stellantis, che ha collocato sul mercato quasi il 9 per cento in meno di automobili al confronto con luglio 2023, con una quota di mercato nazionale scesa sotto la soglia di attenzione del 30 per cento.
Il consuntivo della operatività degli incentivi conferma quanto resti difficile in Italia, per ragioni strutturali e di difficoltà obiettive per manutenzioni e approvvigionamenti, affermare il segmento delle vetture cosiddette “full electric”: se a giugno, sulla spinta dell’effetto di novità delle sovvenzioni del decreto da un miliardo di euro, le vendite di tale tipologia di auto avevano superato le 13.285 unità, nel mese successivo tale dato è crollato di due terzi posizionandosi sulle 4129 vetture immatricolate, che portano a 254.615 il parco elettrico circolante nel Belpaese.
Una circostanza numerica confermativa di come molta strada rimanga da percorrere per centrare l’utopistico obiettivo di rinunciare totalmente alla circolazione, entro il 2035, di veicoli endotermici nel territorio dell’Unione Europea.
Più in generale, la lettura dei dati dell’ultimo bimestre, appena concluso, ci comunica che lo spettro dell’effetto boomerang degli incentivi alla rottamazione si è materializzato: a fronte di livelli produttivi interni a dire poco stagnanti, era del tutto prevedibile che la gran parte delle risorse statali, ossia dei soldi trattenuti sui redditi fissi degli Italiani, paradossalmente proprio quelli più colpiti dallo stallo dell’automotive, sarebbe andata a beneficiare le case produttrici di altri Paesi e addirittura di altri continenti, con un particolare riferimento all’area asiatica come è stato nel caso dei giapponesi di Toyota.
Va poi precisato che l’Italia, allo stato attuale, non è una Nazione particolarmente amichevole nei confronti delle quattro ruote: basta consultare alcuni capitoli del codice della strada per rendersene conto, oppure è sufficiente leggere i bilanci di molti Comuni, Province e Regioni che traggono una fonte significativa, al sostentamento dei rispettivi conti pubblici, dall’applicazione di multe, contravvenzioni, addizionali su assicurazioni e Pra e accise. Forse il Ministro dei trasporti Matteo Salvini dovrebbe riferire in merito a una simile tendenza autolesionistica che egli ha certamente ereditato ma che non sta nello stesso tempo contrastando adeguatamente.
Con la conseguenza che l’auto, da simbolo dell’industria massiva del primo e del secondo miracolo economico italiano, tendenzialmente sta assurgendo a bene durevole sempre più d’élite, il che determinerà ulteriori scossoni tellurici alla capacità del settore di generare produzione e occupazione.
Sullo sfondo di tutto ciò, il prossimo 7 agosto, non si sa con quale tasso di convinzione, il Ministro Adolfo Urso convocherà nuovamente a Roma i vertici di Stellantis per stringere gli ormai biblici tempi di conclusione dell’accordo per riportare sulla soglia del milione le unità automobilistiche prodotte e assemblate annualmente in Italia con i componenti dei sub-fornitori locali. Un numero che pare irraggiungibile ma che, anche qualora venisse centrato, non sarebbe sufficiente a ripristinare i maggiori livelli di produttività dei nostri impianti e stabilimenti, da Torino Mirafiori a Pomigliano d’Arco a Melfi.
Dir politico Alessandro Zorgniotti





