Accanto a lei, silenziosa e instancabile, c’è una macchina da cucire Singer: nera, solida, con ricami dorati sul corpo in metallo e un pesante pedale in ghisa.Non è solo una macchina. È libertà. È dignità. È rivoluzione domestica.
La storia della Singer comincia nel 1851, quando Isaac Merritt Singer, imprenditore statunitense, fonda l’azienda che porterà il suo nome in milioni di case in tutto il mondo. La sua intuizione fu innovativa: non voleva creare uno strumento solo per le industrie tessili, ma un aiuto concreto per le famiglie, in particolare per le donne, un’epoca in cui si dubitava persino che le donne fossero in grado di usare una macchina da cucire, Singer organizzò dimostrazioni pubbliche con operaie esperte, per smentire ogni pregiudizio.
L’idea della macchina da cucire era già nell’aria da tempo: i primi prototipi risalgono alla metà del ‘700, ma fu il sarto francese Barthélemy Thimonnier, nel 1830, a renderla veramente funzionale. Da lì in poi, le evoluzioni si susseguirono: prima a manovella, poi a pedale, fino a diventare un simbolo di resistenza e ingegno domestico.
Le Singer del primo ’900 erano vere macchine da battaglia: realizzate in ferro, praticamente indistruttibili, con pezzi sostituibili e una meccanica di precisione che dura ancora oggi. Molti italiani ne conservano una in soffitta, o la ricordano nelle case delle nonne: era il cuore meccanico della casa.
Con ogni punto cucito, si ricuciva anche un po’ di futuro. Perché cucire, in quegli anni, non era solo un mestiere: era un gesto di cura, un atto di indipendenza, una forma di espressione. E la Singer era lì, fedele compagna, a rendere tutto possibile.


