Antimafia: presidenza Cr a Pnlegge, servono magistrati come Livatino

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Non basta essere credenti, bisogna anche essere credibili. Trasferire cioè sul piano dell’azione e dei comportamenti quei valori che attengono alla sfera intima e personale, e corrono perciò su una strada parallela. Ed è quel che fece per tutta la sua vita Rosario Angelo Livatino, il magistrato ucciso dalla mafia ad Agrigento nel 1990, quando non aveva ancora compiuto 38 anni, e di recente beatificato dalla Chiesa cattolica.

Pordenone – È questa una delle riflessioni sviluppate oggi dal presidente del Consiglio regionale durante la presentazione del libro “Resistenza senz’armi”, organizzata dalla Biblioteca dell’Aula e inserita nel calendario di appuntamenti di Pordenonelegge. La biografia, curata da monsignor Vincenzo Bertolone, riassume l’esistenza di un uomo dal forte senso dello Stato, esemplare anche per i laici impegnati nella lotta a criminalità organizzata e corruzione.

La lezione di Livatino – ha ricordato il presidente, che ha partecipato al dibattito in rappresentanza dell’intera Assemblea legislativa – è importante proprio perché indica la strada della credibilità a tutto il mondo della magistratura: lo uccisero in modo crudele per lanciare un segnale ai suoi colleghi, intimorirli e invitarli alla connivenza.

E le collusioni mafiose sono un pericolo reale, ha sottolineato ancora il presidente, anche in Friuli Venezia Giulia, come dimostrano i recenti episodi di cronaca, dalla sparatoria di Trieste alle infiltrazioni segnalate nella vicina Bibione. Per affrontare queste sfide c’è allora bisogno di forza morale, quella che aveva dentro di sé il “giudice ragazzino”. Ricordando, ha detto ancora il presidente, le parole di un’altra figura monumentale del Novecento, san Giovanni Paolo II, che proprio ad Agrigento davanti a migliaia di persone si rivolse direttamente ai criminali mafiosi invitandoli a pentirsi perché arriverà il giudizio di Dio.

La presentazione del libro a Pordenonelegge, definita dal presidente una straordinaria fucina di cultura, è servita a mettere in rilievo l’attività dell’Osservatorio antimafia presieduto da Michele Penta e quella della Biblioteca del Consiglio regionale, diretta da Massimiliano Pastrovicchio, che presto organizzerà uno specifico scaffale dedicato alle opere che affrontano il tema della criminalità organizzata.

Ospite del dibattito, il presidente Penta ha spiegato che l’Osservatorio è diventato un importante punto di riferimento in regione, e ha espresso preoccupazione per la recente sparatoria di Trieste che lascia intravvedere un inquietante “salto di qualità” nelle infiltrazioni mafiose.

Don Giuseppe Livatino, parente del magistrato ucciso, è invece intervenuto in videoconferenza per riassumere la vita del giudice, “una persona normale che è riuscita a fare cose straordinarie”. Don Livatino ha ricordato l’intransigenza di Rosario nei confronti della cultura del favore e della raccomandazione, oltre alla sua tenacia nelle indagini in un contesto ambientale difficile.

“A quei tempi molti dicevano che la mafia ad Agrigento non c’era”. È stato il giudice ragazzino – come racconta il libro che si avvale della prestigiosa presentazione di Papa Francesco – a dimostrare, con il suo lavoro e con la sua vita, che chi minimizzava il problema aveva tragicamente torto.