ARTE: sabato 6 novembre inaugura a Sesto al Reghena “GIANNI PIGNAT. MATER DOLOROSA MATER GAUDIOSA”,

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Terzo evento espositivo del Festival Internazionale di Musica Sacra di Pordenone 

PORDENONE – “Gianni Pignat. Mater Dolorosa Mater Gaudiosa. Fotografie” è il terzo evento espositivo della 30^ edizione del Festival Internazionale di Musica Sacra di Pordenone “Trinitas. Trinità dell’umano”. La mostra – organizzata dal Comune di Sesto al Reghena, Presenza e Cultura, Centro Iniziative Culturali Pordenone in collaborazione con centro culturale Casa dello Studente Antonio Zanussi Pordenone e con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – è a cura di Giancarlo Pauletto, per il coordinamento di Maria Francesca Vassallo e Stefano Padovan. Inaugurazione sabato 6 novembre alle 17.00 nel Salone abbaziale di Santa Maria in Silvis a Sesto al Reghena, con un intermezzo musicale di Maria Lincetto a cura del Conservatorio Tomadini di Udine. Presentazione a cura di Giancarlo Pauletto e Franco Calabretto. La mostra sarà visitabile dal venerdì alla domenica 10.00-12.00 / 15.00-18.00. Chiuso il 25 e 26 dicembre 2021 e il 1° gennaio 2022.

Ingresso gratuito con green pass inviando mail a infopoint.sesto@gmail.com Info: www.comune.sesto-al-reghena.pn.it / www.viedellabbazia-sesto.it Ufficio Turistico – Sesto al Reghena tel. 0434.699701

Sono circa una quarantina gli scatti selezionati tra le innumerevoli immagini di reportage di Gianni Pignat, realizzate durante una vita di viaggi in tutto il mondo. Centrate sulla figura della maternità, colta soprattutto nel dolore a volte nella gioia. Mostra molto significativa in un tempo in cui la tragedia di donne che fuggono dalle guerre e tentano di sottrarre i loro piccoli alla fame, riempie spesso i telegiornali. Angosce che Pignat aveva colto anche prima della tragica stagione di guerre ed epidemia che il mondo sta vivendo, rilevando come l’umanità da sempre sia ingiusta e indifferente verso una parte rilevante di se stessa.

«Lo sguardo di Pignat – spiega il curatore Giancarlo Pauletto – è profondamente interessato all’umano. Certo, egli è un fotografo che conosce il suo mestiere, e sa che un minimo di formalizzazione è necessario non solo per necessità di visione, ma proprio per rendere maggiormente significativo il momento e lo spazio che si vuol testimoniare.

Ma ciò che conta è soprattutto la sostanza umana che traspare, un’immediatezza che non deve essere nascosta, o non troppo, dalla bravura, dal “mestiere” di chi scatta la foto.

Direi che questo atteggiamento si può vedere in tutte le fotografie di Pignat, mai aduggiate dal “troppo bello”, mai immalinconite da andature trasandate, che pure possono essere il pericolo di chi punta a una diretta, non filtrata immediatezza. Ciò vale sia per le fotografie che, facendo riferimento al titolo della mostra, potremmo definire “gaudiose”, sia per quelle che potremmo definire “dolorose”.

Poiché la maternità, qui, è quella dei ceti popolari non solo, ma anche dei ceti più disagiati, più vicini all’indigenza: nel Bangladesh, in Africa, in India, ma anche in Russia in Asia o in Perù. E tuttavia la “mater gaudiosa” rimane qui più presente della “mater dolorosa”».

Dunque una mostra di testimonianza, che dice come la maternità, senza la quale noi neppure esisteremmo, abbia ancora enorme bisogno di essere difesa dentro le violenze che agitano il nostro mondo, tutto il nostro mondo, anche quello che, con una parola non si sa se più inadeguata o sarcastica, si suol definire “sviluppato”.