Autostrade: il ministero delle Infrastrutture si boccia da solo

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Chiare manifestazioni di inadeguatezza dei sistemi adottati nella gestione delle infrastrutture». Più limpido di così? Sono parole contenute nella relazione, tuttora riservata, della commissione tecnica del ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, istituita il 9 agosto 2024 «per la valutazione dei piani di investimento» dei concessionari autostradali.

In primo luogo, il nuovo piano di Autostrade per l’Italia (Aspi), rientrata da tre anni nell’alveo pubblico con i soldi della Cassa depositi e prestiti.

A che cosa e a chi esattamente si riferisca la frase, non è difficile capirlo, perché prende spunto dalle nuove regole introdotte dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici dopo il crollo del viadotto Morandi, il 14 agosto 2018, a Genova. «L’emanazione di dette direttive – è scritto a pagina 27 del rapporto – è finalizzata a procurare una maggiore sicurezza del comportamento di vigilanza e programmazione, considerati i casi di recenti chiare manifestazioni di inadeguatezza dei sistemi adottati nella gestione delle infrastrutture».

Il passaggio non si presta a equivoci. Se l’inadeguatezza della programmazione può riguardare magari il concessionario, non ci sono invece dubbi sul fatto che l’inadeguatezza della vigilanza riguardi il ministero. Cioè chi ha il compito di vigilare. E ora ammette, nero su bianco, di non averlo assolto come si doveva. Nulla che già non si sapesse ancor prima del disastro di Genova. Ma la conferma venuta ora proprio da chi avrebbe dovuto controllare che i concessionari rispettassero gli impegni presi nei piani approvati dallo stesso ministero, squarcia il velo su anni di negligenze e sciatteria, nella migliore delle ipotesi. Senza cancellare i sospetti di aperte connivenze, nella peggiore.

Non si può non rilevare che la commissione è presieduta da Elisabetta Pellegrini. Ingegnera che viene dalla Regione Veneto di Luca Zaia, unica donna a capo di un dipartimento, dove ha seguito il completamento della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta, gode della più completa fiducia del ministro delle Infrastrutture. Figura potentissima al ministero, è stata fortemente voluta da Salvini a capo della Struttura di missione per l’indirizzo strategico delle opere

Tuttavia non è solo per quella frase sulla «inadeguatezza» che il documento in mano a L’Espresso, datato 14 aprile 2025, può avere risvolti esplosivi. Il paragrafo intitolato «ASPI – Osservazioni» compreso fra le pagine 26 e 29 demolisce letteralmente il nuovo piano finanziario di Autostrade per l’Italia, allungando anche ombre sulla vendita della società dalla famiglia Benetton alla cordata guidata dalla Cassa depositi e prestiti.

Quel piano presentato al ministero delle Infrastrutture dalla principale concessionaria autostradale prevede un aumento degli investimenti dai precedenti 14 a ben 36 miliardi. Una cifra enorme, che secondo Aspi avrebbe giustificato inizialmente la richiesta di una proroga di 15 anni della concessione, con la motivazione di non far gravare il costo di quegli investimenti sugli utenti con aumenti mostruosi delle tariffe.

Peccato che quella somma, così spaventosamente cresciuta soltanto nel giro di un paio d’anni, sia dovuta ad altro. «Poiché risulta, da diversi atti ed eventi registrati, una carenza estesa di manutenzione almeno di oltre un decennio precedente al periodo attuale, ne deriva che le somme imputate per manutenzione straordinaria non possono essere completamente riconosciute come investimenti», sentenzia la commissione ministeriale.

Sergio Rizzo