Uno studio della federazione bancari della CISL mette in evidenza che, nei bilanci dei cinque principali gruppi creditizi del Paese, è calata la quota corrispondente ai buoni pluriennali del Tesoro: si tratta di 14 miliardi in meno nel portafoglio dei titoli obbligazionari pubblici accertato a fine 2022, al confronto con il dato del 31 dicembre di un anno prima
Di contro, sale in percentuale, quasi al 64%, il peso specifico della quota di bond statali che gli istituti hanno calcolato al valore del costo ammortizzato, con l’obiettivo di mantenere gli stessi fino alla naturale scadenza.
In altre parole, le Banche oggetto della rilevazione condotta dal sindacato dei colletti bianchi aderenti alla CISL – Intesa, Unicredit, BPM, MPS, BPER – non rinunciano a un certo patriottismo per quanto riguarda l’effetto calmieratore a oggi svolto con merito a favore della sostenibilità del nostro debito sovrano; più semplicemente, riducono in via tendenziale la propria esposizione al rischio di mercato connesso a ulteriori rialzi nei tassi di rendimento dei BTP, che avrebbero come conseguenza contestuale una svalutazione della quota capitale e un conseguentemente minore margine di azione nella possibilità di erogare credito al dettaglio.
Di certo, per quanto si tratti in valori assoluti di una riduzione non enorme sul totale storico dei titoli statali a media e lunga scadenza facenti parte del portafoglio di investimenti finanziari dei gruppi in esame, il dato si presta a una serie di riflessioni: soprattutto in una fase in cui il Governo Meloni è orientato a portare avanti una politica economica tesa a incentivare la propensione dei piccoli risparmiatori a dedicare all’investimento in BTP una parte crescente dei propri saldi attivi di conto corrente ammontanti a 1840 miliardi liquidi giacenti, e che noi abbiamo più volte definito con giustezza il vero “fondo sovrano” del sistema Paese.
Le soluzioni allo studio di palazzo Chigi e del dicastero del MEF di Giancarlo Giorgetti spaziano dal riconoscimento di incentivi fiscali, in termini di detraibilità Irpef, all’attribuzione di un maggiore rendimento in grado di assorbire l’inflazione e di blindare il potere d’acquisto del risparmio così investito.
Va detto inoltre che durante il precedente governo Draghi, a inizio 2022, le banche Italiane avevano aumentato i buoni pluriennali del Tesoro in portafoglio di ben 33 miliardi rispetto ai dodici mesi precedenti, e ciò aveva portato a 428 miliardi la partecipazione del settore creditizio alla stabilizzazione del nostro debito pubblico, alle spalle delle Banche centrali che – tra BCE e Bankitalia – ne custodivano nello stesso periodo di osservazione per oltre 770 miliardi.
Riccardo Colombani, a capo della federazione First della CISL, ha sottolineato i risvolti di politica economica connessi alla decisione degli istituti di diminuire la propria esposizione nei confronti del capitolo dei titoli di Stato; ma allo stesso tempo ha evidenziato come la diversificazione del portafoglio degli investimenti finanziari e l’aumento della redditività e degli utili bancari consenta una rinnovata stagione di responsabilità sociale, soprattutto in una fase di rialzo dei tassi di riferimento decisi dalle autorità bancarie centrali, e renda necessario porre fine a una fase unicamente incentrata su tagli lineari di costi e riduzioni di personale e di sedi fisiche, poiché la rete di sportelli e di prossimità ai territori sarà viceversa ancora più centrale oggi.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




