Battisti, quanto avrebbe potuto stupirci ancora quel gran genio del “nostro” amico

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Avrebbe compiuto 80 anni, Lucio Battisti. E invece morì che ne aveva soli 55 e ancora tantissimo da dire nel panorama musicale italiano che, da sempre, si era divertito a precorrere

Già, partendo dal fondo della sua lunga carriera (ancorché spezzata dalla prematura morte), a colpire è proprio l’ultimo periodo della sua produzione. Quello dei cosiddetti “Album Bianchi”, per via di quelle copertine – appunto – bianche (tranne per il primo della serie, Don Giovanni), che in questi giorni per celebrare la ricorrenza sono stati ristampati in vinile con audio rimasterizzato. Quello della collaborazione per i testi con il poeta dadaista Pasquale Panella, spericolato funambolo della parola, così antitetico rispetto alla rigorosa e sublime semplicità del fraseggio di Giulio Rapetti, in arte Mogol, che aveva firmato tutti i lavori precedenti di Battisti (tutti tranne uno, E già, firmato con lo pseudonimo Velezia, dietro al quale si cela la penna della moglie di Lucio, Grazia Letizia Veronese).

Emblematici sono – dicevamo – gli ultimi cinque lavori di Battisti: Don Giovanni, L’Apparenza, La Sposa Occidentale, Cosa Succederà alla Ragazza ed Hegel. Cinque album che segnano un salto quantico nella produzione di Battisti e, più in generale, di tutta la musica italiana. Improvvisamente il Lucio nazionale, melodista per antonomasia, decide che è ora di cambiare. Il primo passo di questo cambiamento è un capolavoro assoluto, forse il più bell’album di musica italiana degli anni 80:

Don Giovanni. La sua uscita nel marzo del 1986 è un’epifania il cui incipit, Le cose che pensano, chiarisce subito le regole del gioco: amici, il vostro lungo tedio a sdraio è giunto al capolinea. Da oggi si cambia musica.

In realtà, a essere rivoluzionata inizialmente più che la musica è la parola, gestita magistralmente da Panella. Le atmosfere, è vero, sono rarefatte rispetto al passato tradizionale di bionde trecce e donne per amico, ma gli strumenti bene o male sono ancora quelli, batteria contrabbasso eccetera, e le melodie ancora appaiono chiare in superficie, facilmente intercettabili.

Panella si diverte a disorientare e a giocare con ogni faccia del dado significativo delle parole: