Sebbene la presidente della Eurotower, Christine Lagarde, si affretti a precisare che il rincaro ulteriore di mezzo punto del costo del denaro, deliberato nella scorsa settimana, sarebbe giustificato dall’assenza di una reale crisi di liquidità nel vecchio Continente – e quindi dalla necessità di ricondurre l’inflazione tendenziale al 2 per cento ex trattato di Maastricht – nel settore bancario aumentano le preoccupazioni per le conseguenze sulle rate dei mutui
Con uno spauracchio ulteriore all’orizzonte: la prospettiva di dover escludere dai finanziamenti, di competenza degli istituti di credito, intere categorie di immobili residenziali a carattere energivoro qualora entrasse definitivamente in vigore, senza modifiche e nella versione più austera, la direttiva sulle case green e sul balzo obbligatorio della classe di efficienza energetica.
Il presidente dell’associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, ha comunicato di recente il proprio totale allineamento alle preoccupazioni espresse dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e dall’alto dirigente della stessa BCE, l’italiano Panetta, in merito alle conseguenze recessive di un prolungato e ostinato rialzo dei tassi di riferimento a opera del direttivo di Francoforte guidato da Lagarde.
Secondo il numero uno dell’ABI, e del gruppo cassa di risparmio di Ravenna, il palazzo di vetro della Eurotower avrebbe dovuto tenere in maggiore considerazione alcuni fattori macroeconomici che nel frattempo si sono modificati rispetto alla fase iniziale che legittimava i più ortodossi approcci monetaristi: il ritorno delle quotazioni del gas ai livelli pre bellici, in primo luogo, e parimenti un calo degli andamenti inflattivi ben più marcato delle attese, in considerazione anche dei conteggi in eccesso sulle variazioni al livello generale dei prezzi che si sono registrati da parte di Nazioni come l’Olanda.
Conteggi poi messi in discussione dall’istituto continentale Eurostat le cui risultanze finali avrebbero dovuto, a opinione dei banchieri retail, indurre la Banca centrale europea a un atteggiamento più prudente e più sensibile alla necessità di non deprimere la tuttora fragile ripresa in corso.
Ripresa che gli aggiornamenti alle rate dei mutui minacciano di neutralizzare in assenza di correttivi che, a questo punto, potranno competere soltanto alla politica fiscale, attraverso un mix di provvedimenti che rafforzino e che aumentino l’area e la platea dei beneficiari di misure già indicate nella manovra economica di bilancio per l’anno in corso ma bisognose di essere implementate, integrate e indirizzate al maggior numero possibile di contribuenti mutuatari. Vero è che sono state prorogate le norme sulla efficacia del fondo di garanzia per l’acquisto della proprietà immobiliare residenziale da parte delle giovani coppie under 36; altrettanto vero è che, grazie a un emendamento sostenuto in particolare da forza Italia e dal senatore Dario Damiani, sono state ampliate le maglie per poter passare dal tasso variabile al tasso fisso per i titolari di prestiti con ISEE fino a 35.000 euro e con mutuo residuo fino a 200.000 euro.
Purtuttavia, il numero di coloro che potrebbero essere colpiti dai rincari seguiti alle decisioni della BCE, rischia di essere molto più elevato, e lo stesso passaggio al tasso fisso non pone al riparo assoluto da aumenti del costo dei finanziamenti, che in ciascuna delle due ipotesi viene a tradursi in un maggiore esborso monetario pro capite di oltre 3000 euro su base annua.
La prospettiva è quella di dover sostenere una spesa complessiva fino a 10.000 euro annui per ciascuna famiglia che abbia contratto un mutuo per un appartamento di media grandezza e di categoria non lussuosa; il che rende necessari interventi, caldeggiati a suo tempo dallo stesso Senatore Damiani, a favore di una deducibilità degli interessi passivi dal reddito imponibile dei soggetti mutuatari.
La sola misura in grado di neutralizzare, nell’immediato, le inevitabili conseguenze dei maggiori tassi di riferimento sull’economia reale, considerato altresì che il più alto costo del denaro pesa non di meno, in proporzione, sugli approvvigionamenti delle imprese di costruzione degli immobili.
Un dilemma analogo si porrà in sede di attuazione e applicazione integrale della nuova futura direttiva UE di obbligo alla transizione green del patrimonio residenziale diffuso: la svalutazione delle unità abitative più energivore, attualmente ipotecate dalle banche a garanzia dei mutui fin qui assegnati ed erogati, e la non sufficienza di incentivi pubblici a fondo perduto per riqualificare gli alloggi e i condomini esistenti di classe energetica più bassa, prospettano di tradursi sic et simpliciter in una venuta meno di intere linee di prestito nei confronti di complessive categorie immobiliari.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




