“Uno dei pregi non scontati di questa ricerca”, ha affermato Bellanova, “è aver voluto tematizzare molte delle questioni che il fenomeno del caporalato convoca, non ultime la necessità di costruire quadri di analisi comparativi con quando accade in altre nazioni europee, indicando nell’urgenza di una legislazione sovranazionale, nella formazione, nella rilevazione dei bisogni formativi, nella comunicazione tra gli attori sociali coinvolti e i territori altrettanti snodi determinanti per contrastare e debellare questa piaga.
Che ad aver lavorato in questa direzione, con grande rigore e serietà scientifici, sia una rete di comunità accademiche, è un altro dei meriti del progetto e conferma una verità importante: vinciamo la battaglia contro il caporalato di certo modificando le condizioni che lo determinano, ripristinando più corretti ed equi rapporti di filiera lungo la catena del valore, affermando il ruolo sempre più determinante dell’innovazione e della formazione nei segmenti produttivi, costruendo una interazione sociale e territoriale tale da sconfiggere la diffusione degli insediamenti informali e la rete dei servizi criminali che oggi tiene in scacco lavoratori e imprese ma anche alimentando e diffondendo strumenti di informazioni e comunicazione orientati a un radicale cambio di passo culturale”.
E’ una Legge considerata buona pratica in Europa, che ha fatto scuola perché precisa le fattispecie e indica nell’intreccio virtuoso contrasto/prevenzione la chiave di svolta per sconfiggere questa dinamica criminale. Ritengo che sia tempo di estenderla anche agli altri settori dove il caporalato è presente ed avvelena nello stesso modo che in agricoltura i rapporti di filiera danneggiando in modo spesso irreversibile chi sceglie la competizione leale e il rispetto della legalità e della dignità del lavoro. Significa intervenire in edilizia, nei servizi, nel turismo, nella ristorazione, nel lavoro di cura”.


