Il presidente di Confindustria invita le parti politiche a uno sforzo corale che superi le fisiologiche dialettiche della campagna elettorale in corso e non richieda i tempi tecnici di attesa per la formazione del futuro Governo e Parlamento del Paese, che ci porterebbero a ottobre inoltrato con il rischio di molte attività e filiere produttive già sospese e capitolate per i costi insostenibili delle bollette di gas e carburanti e per le incertezze dei mercati globali
Il numero uno degli imprenditori di viale dell’Astronomia ha ricordato a tal fine i dati drammatici della cassa integrazione straordinaria che nei primi sette mesi dell’anno è cresciuta addirittura del 45 per cento al confronto con lo stesso periodo del 2021 – in una fase in cui l’Italia stava ancora confrontandosi con le restrizioni della pandemia sanitaria – e lascia preludere a ristrutturazioni dolorose del sistema produttivo e manifatturiero nazionale. La tenuta del quale – ha puntualizzato Bonomi – è una questione di sicurezza per l’intero sistema Italia.
Il leader di Confindustria ha espresso parole di buon auspicio per alcune delle più recenti evoluzioni che, a Bruxelles, stanno portando le Istituzioni comunitarie europee e la comunità degli Stati aderenti a convergere sulla fissazione di un tetto massimo ai prezzi del petrolio e del gas di importazione, sebbene da adesso in poi il confronto si dovrà spostare sulla definizione dei meccanismi da condividere per giungere al traguardo di ottenere listini calmierati e non più speculativi.
Bonomi si dice speranzoso che su quest’ultimo versante si possa ricreare lo stesso clima mutualistico e solidale che due anni fa portò al varo del Next generation EU e del recovery fund, segnando il debutto di strumenti per una prima mutualizzazione dei debiti pubblici posti così al riparo dai movimenti speculativi a danno dei titoli di Stato delle Nazioni, come l’Italia ma non solo, più esposte a simili rischi finanziari.
Dalla lotta congiunta alla crisi energetica – ha sottolineato il vertice della più rappresentativa confederazione della manifattura italiana – deve scaturire finalmente una politica industriale europea comune a livello continentale. A rischio è infatti la finanziabilità stessa dei sistemi di welfare e di sicurezza sociale che hanno caratterizzato il nostro Continente fin dal secondo dopoguerra assicurando la coesione e il riparo dagli shock economici esterni in ogni epoca.
Uno dei primi passi da compiere, non più differibile, è la sospensione dei certificati di emissione di CO2: istituiti e regolamentati per incentivare, in tempi normali, il contenimento dei rischi di inquinamento atmosferico, incoraggiando la riconversione degli impianti industriali (cosiddetta transizione ecologica), il loro sviluppo pratico ha tuttavia dato adito a manovre al rialzo sul mercato dei titoli secondari, dove tali certificati vengono quotati e negoziati, e nelle aste finalizzate alla loro assegnazione, finendo così, nell’immediato, con l’aumentare a dismisura i costi a carico delle imprese a maggiore consumo di energia.
Soprattutto in un momento in cui gli effetti delle guerra russa in Ucraina hanno determinato scenari imprevedibili e di non breve durata, imponendo di rivedere con maggiore elasticità e flessibilità i tempi della transizione energetica, l’efficacia dei certificati ETS deve essere sospesa per il semplice fatto che sono venuti meno i presupposti storici per cui furono introdotti al fine di rendere meno conveniente il ricorso alle fonti fossili nei processi di produzione.
Ciò a maggiore ragione in virtù della circostanza che l’area dell’Unione Europea concorre al totale globale delle emissioni in atmosfera in misura di appena l’otto per cento, a dimostrazione di come siano altri Continenti a doversi mettere in regola con l’ambiente.
Il presidente di Confindustria invita pertanto il Governo Draghi e tutti i partiti in campo a utilizzare le prerogative costituzionali degli affari correnti e degli atti indifferibili e urgenti per adottare provvedimenti che mettano fine alla spirale dei rincari, con la fissazione di un tetto italiano in attesa di quello europeo, la separazione dell’energia prodotta con il gas da quella prodotta con fonti rinnovabili – così da calmierare i prezzi di quest’ultima dovuti dal sistema delle imprese che adottano sistemi alternativi ai combustibili fossili – e lo sblocco autorizzativo dei molti impianti già approvati nei settori della generazione green di elettricità e calore e che le aziende potrebbero utilizzare da subito. Solo in questo modo potrà tornare conveniente tornare a produrre a pieno regime pur in un contesto sì aggravato dalla cosiddetta economia di guerra ma i cui limiti – a partire dalla eccessiva onerosità della transizione ecologica messa a carico dei sistemi industriali europei – erano evidenti già in precedenza.
Dir. politico Alessandro ZORGNIOTTI




