Caporalato, la denuncia di 12 lavoratori. Flai: “Ora basta”

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Dodici lavoratori, pagati poche centinaia di euro al mese, reclutati via Whatsapp e costretti ad acquistarsi l’attrezzatura per svolgere attività nelle campagne dell’astigiano. Vessati, umiliati e sottoposti a pressioni psicologiche per evitare una loro reazione. Il più giovane ha 21 anni, il più grande 40. Sono tutti arrivati in Italia da Paesi asiatici, in cerca di un futuro migliore, ma sono caduti nel groviglio delle cooperative senza terra ed esausti dei soprusi subiti, hanno scelto di denunciare la propria condizione di lavoro, presentandosi negli uffici della Flai Cgil di Asti per farsi tutelare dal sindacato. Lo racconta oggi, in esclusiva, un articolo de La Stampa di Thomas Usan.

Il caporale che li aveva reclutati, oltre ad organizzare rapidamente le squadre di lavoratori necessarie nei momenti di picchi di raccolta, si occupava anche del trasporto e di dare un tetto spesso fatiscente ed ai limiti della decenza umana a chi ne era sprovvisto. Tutti loro, però, vivono al centro di accoglienza di piazza Catena, ad Asti.
Flai Asti: una scelta di dignità e coraggio

“In questo caso, rispetto a quelli che abbiamo affrontato fino ad oggi, siamo di fronte ad un fatto completamente nuovo – dichiara Letizia Capparelli, segretaria generale della Flai Cgil di Asti -, ovvero che i lavoratori sfruttati non solo hanno deciso di denunciare i propri sfruttatori, ma con una scelta carica di dignità e coraggio hanno voluto anche mostrare i propri volti senza alcun timore di esporsi sui media. Come Flai Cgil faremo di tutto per assisterli e sostenerli con la stessa determinazione”.

“Il reclutamento dei lavoratori – riprende la segretaria di Asti – si è spostato nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) ed è affidato perlopiù a cooperative senza terra gestite da stranieri, ma non c’è un incontro tra domanda e offerta. Il ruolo degli intermediari è diventato così forte anche a causa dei vuoti delle istituzioni. L’impegno deve essere trasversale con politiche di inclusione. Fenomeni di tale entità non dovrebbero emergere solo a seguito di una denuncia della Flai ma dovrebbero esserci controlli mirati a partire dai Cas stessi”.

Questo “non è un caso isolato”, ribadisce Capparelli, “e noi dobbiamo cercare capillarmente di intervenire per difendere l’anello debole della catena, ovvero i lavoratori che spesso, ignari, vengono sfruttati. Sono lavoratori invisibili perché li vogliono invisibili. Tutto questo è possibile perché il poco che hanno è tutto quello a cui possono ambire e chi li sfrutta lo sa e approfitta della loro necessità di rendersi invisibili”.
Flai Piemonte: superati limiti, chi denuncia va protetto

“In Piemonte i lavoratori che provengono dall’aerea indo-pacifica sono sempre più numerosi – commenta Denis Vayr, segretario generale Flai Piemonte – arrivano in maniera regolare attraverso gli ingressi previsti dal decreto flussi, hanno pagato una somma considerevole tra i 10mila e i 15mila euro, si indebitano per venire in Italia”.

“Abbiamo seguito un caso lo scorso agosto in provincia di Cuneo e di Torino – racconta ancora Vayr – abbiamo visto documenti e filmati con scambio di denaro avvenuto nel loro Paese d’origine, abbiamo assistito alla dispersione di persone che arrivano con la promessa di un lavoro lasciate nella disperazione. Questa volta quello che succede in provincia di Asti, in un’azienda che ha la sede sociale nella provincia di Cuneo, ha superato i limiti”.

“Chi denuncia – chiosa il segretario generale Flai Piemonte – deve essere protetto. Ci attiveremo come organizzazione sindacale anche attraverso il progetto Common Ground per dare assistenza e tutela legale. Si facciano avanti le associazioni datoriali e le aziende sane per dare un lavoro sano a questi lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare questa barbarie”.