Picchiato, legato al letto con le lenzuola e tenuto per due giorni e messo sotto scacco da altri detenuti dopo essersi rifiutato di nascondere un cellulare e dopo una richiesta di denaro, fallita, nei confronti di sua madre contattata telefonicamente. E’ quanto ha denunciato un detenuto – che preferisce rimanere anonimo – del carcere di Regina Coeli alla polizia penitenziaria della stessa casa circondariale raccontando di “un sequestro a scopo di estorsione” (così si indica nella querela presentata che lascia aperta alla valutazione del pm ogni altra ipotesi di reato), su cui la Procura di Roma ha già avviato le indagini aprendo un fascicolo.
Una denuncia che ha riportato alla luce il ‘business’ dei cellulari e della droga gestito da gruppi di detenuti, che grazie ai loro ‘servizi’ acquisiscono sempre più potere all’interno dei penitenziari.
E’ luglio scorso inoltrato quando il detenuto – che ora non è più in carcere – si trova a Regina Coeli dopo una misura cautelare.Tutto ha inizio quando, metterà a verbale davanti alla penitenziaria, sente altri detenuti parlare dell’arrivo “di cellulari e droga tramite lancio” e, sostiene, un detenuto di un’altra cella gli chiede di “nasconderne uno”. Lui si rifiuta e, ricostruisce, un detenuto inizia “a colpirmi con schiaffi e pugni” e a lui poi si uniscono altri tre detenuti. A quel punto avverrebbe, secondo il racconto dell’uomo agli agenti della penitenziaria, il tentativo di estorsione: uno “ha chiamato mia madre al cellulare e mi ha imposto di chiederle di mandare i soldi tramite una ricarica poste pay”, sostiene.
Alla donna, secondo il racconto del figlio, sembra impossibile una situazione simile e non cede. Gli aggressori “hanno ricominciato a picchiarmi e a farmi dei tagli sulla gamba destra tramite coltelli rudimentali”, sostiene l’uomo nella denuncia aggiungendo che “terminata la socialità” le “violenze si sono momentaneamente interrotte”. Quella sera però, riferisce poi alla penitenziaria, rimane ‘sorvegliato’ da altri due detenuti che “mi hanno legato al letto (il posto più alto di un letto a castello ndr) con delle lenzuola fissate al petto e ai piedi”. Nella serata viene poi “ripetutamente colpito sia a mani nude che con bastoni nella gamba e soprattutto nella testa”.
“Mi tenevano legato, sotto controllo e mi impedivano di muovermi”
L’uomo si descrive in balia degli aggressori, impossibilitato anche la mattina seguente a chiedere aiuto: “Mi tenevano legato, sotto controllo e mi impedivano di muovermi, mangiare, bere, andare in bagno e chiamare i soccorsi”. E, in base alla sua ricostruzione, gli episodi di violenza non sono ancora finiti: “Mi hanno inserito – sostiene – due dita nell’occhio destro e hanno spinto tantissimo tanto che mi è uscito il sangue dall’occhio e pensavo di averlo perso”. Addormentatosi dopo che “mi hanno messo in gola le pasticche”, continua a far finta di dormire finché, trascorsi ormai due giorni e mezzo, tutto finisce quando entra un poliziotto della penitenziaria: “Ho preso coraggio – mette a verbale – e mi sono buttato dal letto con tutto il materasso per chiedere aiuto”.



