Carlo Calenda chiama a raccolta i ‘volenterosi italiani’, cioè quelli che, sottolinea all’acme del suo intervento di chiusura al congresso di Azione, “sono a favore di una Nato Europea”. Non Matteo Salvini e Giuseppe Conte che, da “populisti”, “sono la stessa cosa” e direbbero di no.
E non Matteo Renzi, che è contro il piano von der Leyen dopo aver subito una “forte mutazione genetica”. Non Elly Schlein, che è per l’Europa, ma non per il riarmo. E né Giorgia Meloni, “che è per il riarmo, ma non per l’Europa”.
L’appello di Calenda si rivolge a un preciso arco parlamentare che immagina possa andare dal suo partito a FI, passando per +Europa, fino ad un pezzo del Pd. E che lui punta a far diventare determinante. Anche in vista delle prossime regionali. Giovanni Donzelli, infatti, già ipotizza alleanze con Calenda per le Marche. Ma questo gruppo che qualcuno definisce ‘Ursula 2.0’ perché richiama quella che si creò in Ue per eleggere von der Leyen, non sembra scaldare, almeno per ora, i cuori dei chiamati in causa.
Tace Forza Italia, mentre +Europa con Riccardo Magi invita a puntare gli occhi sulle divisioni della maggioranza più che su quelle dell’opposizione e ad evitare di applaudire troppo la Meloni vista la situazione del Paese. E una chiusura arriva anche dai riformisti Dem nominati da Calenda uno ad uno dal palco. A cominciare da Paolo Gentiloni, che lui farebbe “premier domattina”.



