Caso Paragon, Casarini: “Vogliamo sapere quale apparato dello Stato ha spiato”

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Chiediamo un accertamento finalizzato a conoscere quale apparato dello Stato si sia spinto fino a usare le armi delle spionaggio dei propri cittadini e chiediamo di conoscere se questa attività sia connessa alle opinioni politiche del nostro assistito”.

È la richiesta contenuta nell’esposto-denuncia presentato dal Team legale di Mediterranea saving humans al Centro per la sicurezza cibernetica della polizia di Stato. Un passaggio compiuto per conto di Luca Casarini, fondatore e capo missione dell’organizzazione umanitaria, spiato insieme ad altri attivisti e a giornalisti, attraverso lo spyware ‘Graphite’ della società israeliana Paragon Solutions. “Nessuno in uno Stato di diritto – né il governo, né la magistratura, né i servizi segreti – possono considerarsi al di sopra della legge” scrivono sempre i legali di Casarini.

Il governo aveva ammesso nei giorni scorsi i casi di spionaggio ai danni di cittadini italiani tramite WhatsApp, escludendo però ogni responsabilità nella vicenda e così avevano fatto Aisi e Aise, le principali agenzie di intelligence italiane, come anche le forze dell’ordine. La società Paragon Solutions ha dichiarato di avere tra i suoi clienti italiani solo una agenzia di intelligence e una forza di polizia. La società israeliana ha poi rescisso il contratto con il Governo Italiano per non aver ottemperato agli obblighi contrattuali.