Bugia. Bugia comoda. Serve a tirare un sospirone fatalistico e a passare oltre
Sotto l’aggettivo si insinua una confortante auto-assoluzione: se nessuno si occupa con la memoria di un massacro vuol dire che è faccenda secondaria, carnaio periferico, una locale manifestazione di stupidità umana. E allora possiamo lavarcene le mani.
Morite pure, per favore in silenzio. E se arrivano le urla dei moribondi e dei seviziati, beh!, lo stratagemma di Ulisse, tapparsi le orecchie, funziona. Abbarbicatevi al timone e alzate le vele, i marosi del rimorso son presto alle spalle.
La guerra in Sudan non è una guerra dimenticata. Quelli che contano, a Washington e a Riad, al Cairo e ad Ankara, la ricordano benissimo. La finanziano, la prolungano, vendono armi moderne (ah i droni! Anche l’Africa è entrata nel millennio della morte tecnologicamente avanzata), hanno piani per il dopo. Questa è una guerra senza senso, la sua tragicità è proprio in questo orribile vuoto. Prendete tutte le categorie di conflitti, guerre di dio e di Mammona, guerre giuste e ingiuste, guerre di aggressione, ideologiche, di liberazione. Guerre rivoluzionarie e reazionarie, guerre di status, guerre inutili… Tutte hanno un orribile senso.
In Ucraina l’infinito dolore degli uomini è legato a uno scontro per il territorio, forse indirettamente per il dominio del mondo. La guerra di Gaza è la lotta per una terra che due popoli vogliono tutta. C’è un filo, una spiegazione.
La guerra tra Mohamed Dagalo detto Hemetti, il capo dei paramilitari delle forze di intervento rapido e il generale Abdel al-Burhan, golpista al potere è tra due buffoni sanguinari che non perdono tempo a indossare un frac ideologico o la mimetica di gala. Non date retta a certi pignoli, nessuno di questi due criminali parla a nome del popolo. Sono dei Bokassa senza le incoronazioni di cartapesta che servono solo a abbagliare i babbei.
Una volta i colonnelli africani golpisti si camuffavano con una “buona causa”, il comunismo casermesco, il populismo un po’ gauche. Poi ci aggiungevano nepotismo, corruzione e l’indispensabile terrorismo poliziesco.
Ora son rimasti orfani. Prendete il potere sotto la mira di una pistola: guidare una rivoluzione non garantisce più niente, ciò che una pistola dà, un’altra lo riprende. In ciascuno dei subordinati sonnecchia un rivale. I due sgherri sudanesi puntano al sodo, le miniere d’oro, con cui pagano il disturbo di alleati pesanti, l’Egitto, l’Arabia Saudita, gli Emirati, la Turchia. Gli americani stanno a guardare, un po’ per impotenza un po’ perché Trump non ha ancora trovato qui motivi di business privato sufficienti. La Russia c’è, ma attende, per scegliere, prima di vedere chi vincerà. Intanto fanno affari mercenari di tutte le risme e passaporti con la ferocia di una maledizione.
Domenico Quirico


