Cecenia, Georgia, Siria, Ucraina… In 23 anni di “regno” Putin non ha mai smesso di fare la guerra

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Ci si interroga molto sulle motivazioni che hanno spinto Vladimir Putin a invadere l’Ucraina. C’è chi lo prende per pazzo.

Non ci sono risposte facili, può aiutare però a farsi un’idea ripercorrere i 23 anni che ha trascorso al potere: quel che emergerà è che è passato da una guerra all’altra, letteralmente dal primo giorno che divenne premier, il 9 agosto 1999. Da allora la guerra è stata la lingua con cui ha regolato le sue relazioni internazionali, tanto con le repubbliche ex-sovietiche confinanti, tanto con l’Occidente.

Il racconto inizia nell’estate 1996, quando il 43enne ex tenente colonnello dei servizi segreti sovietici (Kgb) ed ex vicesindaco di San Pietroburgo Vladimir Putin arrivò a Mosca per coprire la carica di capo delegato del dipartimento per la gestione della Proprietà presidenziale. La Federazione Russa non se la passava granché bene. Boris Eltsin, il primo presidente dopo la dissoluzione dell’Urss, era appena stato rieletto per un secondo mandato al Cremlino, nonostante sotto la sua presidenza l’economia fosse in grave difficoltà e dilagassero povertà, corruzione, criminalità organizzata.

C’era già una guerra: ai primi di luglio Eltsin aveva avviato un’offensiva su larga scala per riprendere il controllo della Cecenia, piccola repubblica caucasica che perseguiva l’indipendenza da Mosca dal 1991, e fallì. Il 30 agosto 1996 la firma degli Accordi di Khasavyur sancì la sconfitta russa.

Fu in questo contesto che Putin iniziò la scalata al potere. Il 26 marzo 1997 divenne delegato capo del Personale presidenziale, il 25 luglio 1998 capo dell’Fsb, l’agenzia di intelligence erede del Kgb dove un quarto di secolo prima era iniziata la sua carriera, il 25 marzo 1999 segretario del consiglio di sicurezza, il 9 agosto dello stesso anno viene infine indicato da Eltsin come nuovo premier, e come suo successore in vista delle elezioni presidenziali previste l’anno successivo.